Ampelio Zappalorto
Dalla A alla Z

Asolo, Galleria Browning
settembre ― novembre 2009

A-Z. Punto a capo

Daniele Capra




A-Z. Punto a capo. Potrebbe essere chiusa tra queste due lettere tutta la produzione di Ampelio Zappalorto. L’alpha e l’omega dell’alfabeto latino coincidono non a caso – la casualità non impedisce una non cosciente e subliminare costruzione di senso da parte della psiche – con le sue iniziali, che simbolicamente possono essere lette come il limite superiore ed inferiore in cui è inclusa, delimitata, contenuta, la ricerca artistica condotta dall’artista da una trentina d‘anni. Ma nel contempo i due confini consentono di capire come temi e passioni della sua produzione siano perfettamente numerabili (quindi riconoscibili), e non infinite; benché, come le lettere con le quali costruiamo le parole, perfettamente combinabili tra di loro.

Zappalorto è infatti un autore in cui l’urgenza di alcuni temi – come ad esempio il doppio, o l’opposizione maschile/femminile che si esplicita nell’antinomia della coppia androgino/ginandro – è assillante quasi a tal punto da essere ossessiva. La sua continua investigazione nella ricerca dell’identità egoica nasce dall’osservazione del ripresentarsi dei medesimi caratteri somatici in differenti generazioni: le ricorrenze fisionomiche che lo rendono visivamente somigliante ai genitori (come il colore e la forma degli occhi, la grandezza del naso o la carnosità delle labbra), e in maniera particolare alla madre, rimangono, in una sorta di regressione infantile, l’unico sicuro certificato non falsificabile a baluardo della propria identità. Inevitabilmente negli occhi della madre e del padre fotografati e mischiati assieme – in maniera non dissimile da come Giulio Paolini mette in mostra la propria persona nel Giovane che guarda Lorenzo Lotto – Zappalorto mette lo spettatore di fronte ad uno specchio. Non vi è differenza se non nel fatto che chi guarda la riproduzione fotografica della pittura di Lotto si riconosce in Paolini, mentre colui che guarda il ritratto dei genitori dell’artista veneto riconosce Zappalorto: ciò che l’uno dà per certo, orientandolo verso il fruitore (l’io), è l’oggetto di cui l’ultimo sta andando disperatamente alla ricerca.

In questa chiave di lettura la riproposizione della figura della propria figlia (caratterizzata anch’essa da una spiccata somiglianza all’artista) nei dipinti e in numerosi disegni a matita, testimonia invece la necessità di registrare e consolidare – disperatamente e contro il consumarsi del tempo – la traccia inequivocabile del proprio esistere. Non è il cogito individuale ad essere il garante dell’ergo sum cartesiano, quanto piuttosto la messa in mostra della propria progenia, in una dimostrazione che il flusso della creazione (biologica ed artistica) non si è incagliato nella palude dell’esistenza. Potremmo quindi pensare che nella riproposizione dei caratteri si espliciti la volontà di rendere ciclico il tempo, il che permetterebbe di garantire in ultima istanza che, sebbene svilito dall’eterno ritorno dell’uguale, almeno qualcosa è.

Nonostante la forte ripresa tematica, la ricerca di Zappalorto è contraddistinta da una proteiforme complessità di stili che rendono l’artista non solo non riconoscibile, ma volontariamente e programmaticamente irriconoscibile. Si possono rintracciare esclusivamente degli stilemi e delle ricorrenze, ma la sua produzione non ha un percorso cronologico unidirezionale in cui notare dei segni di ordinamento. Vi sono solo successive ed ulteriori forme di conglobazione stilistica, in una sorta di pluralità che diventa via via più complessa, senza però essere mai caotica. Anzi, ciò che c’è si vede perfettamente, e perfettamente è intellegibile (pensiamo ad esempio al tratto), anche se rimanipolato, ricucito e ripreparato all’uso: seppure in forma disorganica e transitoria, ma a tutto c’è posto. Nel continuo cambiamento, nella tendenza alla multidisciplinarietà e alla complessità espressiva, si attua così per Zappalorto l’unica forma ammissibile di vita e di consolazione: quella della molteplicità dell’arte.