Categoria: arte

Public art & public fart

C’è spesso un abisso di valore nelle opere e negli interventi di public art che ho visto in giro. Devo confessare che molti di quelli che ho visto nelle varie città fanno schifo, sono retorici, tronfi, didascalici. Non è facile infatti trovare lo spazio per l’arte nel sovraffollato contesto urbano.
Essenzialmente mi pare che solo quelli che funziono bene anche altrove (e cioè in galleria o al museo) sono i migliori, il che, a dirla tutta, ne motiverebbe una certa inutilità della collocazione. Le opere cioè devono restare tali a prescindere dal fatto di essere messe sulle strade o sui palazzi. Quelle interessanti, ovunque si mettano, rimangono tali.
Tutto il resto è noia, mi pare.

Narcisi critici di se stessi

Ho scritto di un progetto fotografico in cui c’è pure un mio ritratto. Non sono riconoscibile, e questo mi consola, dato il fatto che la foto è stata utilizzata per una campagna promozionale: si tratta di Comodamente, un festival culturale. Forse deontologicamente non è il massimo, ma talvolta bisogna pure essere nelle cose, ravanare nel magma e sudare insieme alle persone, senza fingersi distaccati investigatori dell’altrui verità. D’altro canto ABO dei migliori tempi docet, e conviene che tutto questo lo si impari.
Basta con i fighetti che si vantano della loro esimia sapienza ricercando approvazioni per il loro narcisismo distaccato. O si ama o si odia (o si è indifferenti): non nascondiamoci dietro le parole con alchimie verbali.
E viva la critica militante. Quella di qualità -non la mia, certo- per cui si rischia anche di bruciarsi il culo mostrando la propria faccia.

Se il comune graffita i muri

Ne hanno parlato in molti (tra cui il Guardian) dei graffiti di Banksy situati in uno dei sobborghi di Londra che la municipalità ha pensato di smaltare. Lui è uno dei più grandi street artisti ora in circolazione, eccetera eccetera. L’opera in questione non era male e qualcuno, per ecco di zelo, ha ordinato agli operai del comune di cancellarla passandoci sopra della vernice nera. Insomma il Comune è diventato il graffitaro che ha rovinati un contesto urbano di decoro.

Poco male, ma ogni tanto è bello pure che si ribaltino i ruoli. E poi, magari proprio su quel muro, Mr.Banksy potrebbe rispondere…

Alzarsi al mattino

Una mostra con budget zero, ma francescana solo economicamente, non certo nelle idee. Le opere incrementano, lentamente, nel deposito. Il trasporto di più di qualche opera l’ho fatto di persona o con l’aiuto di amici. Qualche opera sarà portata nei prossimi giorni direttamente dagli artisti, per le altre mi daranno una mano i galleristi. E tutti collaborano, in un clima che non avrei detto possibile. Chi si è offerto di fare le foto, chi il sito, chi di stampare la brouchure.
Anche nelle ristrettezze è un piacere lavorare così. Queste sono le cose per cui vale la pena alzarsi al mattino.

Dromologia liquida

Sto lavorando a più cose – tre mostre, un festival – contemporaneamente. Il che è assolutamente appagante per gli stimoli che possono venire, dato che le idee buone spesso nascono dall’incoerente rincorrersi di spleen e confusione. Il problema è la velocità folle con cui proposte e controproposte si sormontano, e bisogna nel contempo trattenere il fiato ma liberare la mente. Ed ovviamente non si può mollare.
E’ una continua lotta tra una struttura che deve rimanere in piedi ed una flessibilità che costringe ad essere liquidi. Insomma il più classico derby postmoderno tra pensatori, Virilio-Bauman…

Boltanski e il diavolo

Christian Boltanski ha stretto un patto con il diavolo. Così almeno pare se le dichiarazioni rilasciate in un’intervista a Le Monde corrispondono al vero. L’artista francese infatti si appresterebbe a farsi filmare continuativamente (anche nella propria intimità) per i prossimi otto anni, cedendo le immagini della propria vita ad un miliardario australiano che le potrà vedere, in diretta, e senza la possibilità di registrarle. In questi otto anni Boltanski – che ormai ha 65 inverni sulle spalle e quindi un’aspettativa di vita non più infinita – riceverà un vitalizio, mentre il premio dell’assicurazione sulla sua vita andrà al miliardario in caso l’artista muoia prematuramente (in forma di risarcimento per la mancata prestazione), o resterà all’artista nell’ipotesi contraria.
Inevitabilmente è una scommessa in cui Boltanski mette sul piatto la sua intimità e la sua paura della morte (che sembra esorcizzata da questo atteggiamento ludico e di sfida), mentre il miliardario semplicemente denaro e volontà voyeuristica spinta al limite dell’audacia.
È impossibile fare previsioni su chi la spunterà. O forse, è tutta un’invenzione macchinata dall’artista francese. Il diavolo però ci ha messo la coda…

Quando l'artista diventa Tiresia

Ne è uscita un bel po’ di caciara per Rimbalza il clandestino, il giochino che quei bontemponi della Lega Nord hanno messo nella loro pagina Facebook. Si tratta di una piccola applicazione con cui ci si diverte a respingere in mare alcuni di quei tanti sventurati che rischiano la vita per attraversare il Mediterraneo e sfuggire a guerre e miseria.
I militanti della Lega evidentemente ignoravano che Antonio Riello, dieci anni fa, avesse realizzato Italiani brava gente, un videogioco in stile arcade in cui si sparava contro gli albanesi che sbarcavano in Puglia per occupare il nostro suolo e commettere qui i reati più spietati (l’intento era ovviamente critico nei riguardi dell). È proprio vero che la realtà supera i gran lunga l’immaginazione, anche quella degli artisti…

I magnifici tessuti di Berlino

Di ritorno da Berlino, con l’amarezza che tutto quello che è possibile in quella città risulta quasi precluso al nostro Paese. Lì da un fabbrica dismessa può nascere un istituto di arte contemporanea o un centro culturale per l’insegnamento della musica. Lì la cultura è importante. E poi regole e le normative si applicano se hanno un’utilità, ma si possono anche trascurare poiché la responsabilità individuale fa fede sulle decisioni, anche quelle collettive.
Gli stracci di quella città ferita dalla guerra fredda, dall’ideologia e dalla dittatura, servono ora per costruire magnifici tessuti. Non si sente a Berlino il fetore geriatrico che ammorba le nostre stanze dei bottoni, bensì un giovanile ed entusiastico sudore del fare.
Non mi era mai capitato prima di vergognarmi così tanto di essere italiano.