Categoria: arte

Ho fatto ridere Gilbert and George


Lo confesso, come buffone me la cavo bene, anche nelle situazioni più formali ed inaspettate. Ma deve essere evidentemente la mia natura di guitto parlatore – per altro continuamente allenata – che ho ereditato per via famigliare dalle mie amate nonne.
Qualche settimana fa mi è capitato di essere a Berlino, presso la Galleria Arndt, in occasione della vernice di The Urethra Postcad Art, mostra che raccoglie tutta le serie di cartoline postali del duo britannico. La situazione era un po’ formale, con un pubblico non proprio da squatter, come spesso capita di vedere nella capitale tedesca. In occasione dell’antologica è stato pubblicato un catalogo corposo (a dire il vero un tomo noiosissimo che consiglio solo a chi voglia sfoggiarne il dorso sullo scaffale della libreria) e i due artisti si sono prestati al rito del book signing, mentre i camerieri distribuivano sandwich con cetriolo e salsine british.
Ho approfittato per fare delle foto e poi ho stretto loro le mani. In realtà non si aspettavano di essere toccati e ho avuto la sensazione che la cosa li mettesse un po’ in imbarazzo. Ma oltre alle frasi di rito non sono riuscito a trattenere la battuta. “You were the first singing sculpture years ago, now you’re the first signing sculpture!”.
Non so se sono stato il centesimo stupido a fare la battuta (probabile) oppure il primo che si è permesso. Fatto sta che hanno riso di gusto. Che faccia curriculum?

Biennale. Artisti, rifiutate il nulla…

Continuo a ricevere richieste di consigli da parte di amici artisti incerti e disperati che sono stati invitati alla Biennale di Venezia all’ultimo minuto. Padiglioni regionali, Arsenale, Padiglioni delle Accademie, le opzioni sono diverse e non sempre chiare. Anzi, c’è chi è stato invitato da parte di regioni in cui non lavora né abita. Altri che, pur avendo declinato, si sono trovati nelle pue provvisorie liste presentate alla stampa.
La situazione è decisamente un ginepraio, un moloch incredibile in cui nemmeno gli organizzatori capiscono più qualcosa. Così al telefono capita che abbiano perfino chiesto all’artista con quale regione preferisse partecipare. Va bene pure la Kamchatka.
Grazie Sgarbi, grazie Bondi. Questa è la merda che noi italiani ci meritiamo.

Gli ennesimi Sgarbi

Come sempre a fare una figura di culo noi italiani ci mettiamo tutto il nostro impegno, tanto più nelle situazioni importanti. E così la soap Sgarbi & il Padiglione Italia ha ormai non solo abbondantemente sorpassato il numero di puntate delle telenovelas sudamericane, ma soprattutto ha frantumato gli zebedei di qualsiasi persona di buon senso che lavori nel sistema dell’arte o nel settore della cultura.
Il ricatto dello storico ferrarese verso il Ministro della Cultura attuale – che pare al momento meno servizievole dello slave Sandro Bondi – ma sopratutto verso tutti noi, “o mi fate diventare soprintendente o mi dimetto da responsabile del Padiglione Italia” è intollerabile in un paese civile, in cui le regole valgono per tutti, anche i prepotenti e gli sbruffoni. Evidentemente però il nostro paese civile non è. E d’altronde in quale altra nazione avrebbe potuto essere credibile come curatore di arte contemporanea un narciso incazzoso che fa i giochini di potere e ricatta i politici?
Allo stato attuale pare di capire che le dimissioni siano state solo minacciate – pratica frequentissima da noi, solo per fare un polverone e guadagnare visibilità – per poi non essere formalizzate nelle sedi competenti. Di certo, qualunque sia l’esito, Sgarbi può solo vergognarsi per la figura che ha fatto. E, mentre il mondo si prepara al meglio per la mostra con più visibilità al mondo, si vergognino anche coloro che sono ancora disposti a sostenerlo, nonostante tutto.
Poveri noi.

Casino Biennale


Casino. Approssimazione. Ma anche disorganizzazione. Non ci sono altri modi per raccontare la situazione per le sezioni del Padiglione Italia che avranno base regionale. Sono stato contattato ormai da una decina di artisti veneti che non sanno cosa fare e nemmeno cosa faranno, poiché ad un mese e mezzo dalla mostra – ricordiamolo: è pur sempre la Biennale di Venezia e non la Sagra del Gnocco – non hanno alcuna informazione in merito.
Che opere devo portare? quanto spazio ho? Che catalogo ci sarà? Chi seguirà la mostra e gli allestimenti? Zero, niente informazioni. L’unica sicurezza è l’ambientazione a Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, mentre pare che il catalogo sarà diviso in tre tomi (nord, centro e sud Italia).
Penso che in questa bolgia pensata da Sgarbi convenga disertare, non tanto come gesto politico, ma perché l’arte è un lavoro serio, non un mestiere da cazzari. E poi, a cosa serve avere una riga in più per la Biennale più incasinata del mondo dove non si capisce nemmeno quale sia il progetto? In confronto – per il momento dal punto di vista organizzativo, poi per la qualità si vedrà – quella di Beatrice&Buscaroli era da oscar.

Rilasciate Ai Weiwei

Di sicuro ci sono artisti, intellettuali o attivisti politici meno famosi e quindi più sfortunati da difendere, in Cina come in qualsiasi altro paese. Però risulta ugualmente raccapricciante che la potenza asiatica abbia di fatto arrestato Ai Weiwei, che il grande pubblico ha conosciuto per la grande installazione alla Tate realizzata con milioni di semi di ceramica dipinta, ma soprattutto artista attivissimo anche politicamente. Non vi è sua notizia da quando la polizia lo ha arrestato lo scorso 3 aprile all’imbarco dell’aeroporto di Pechino. Nei giorni successivi sono scomparsi anche alcuni degli assistenti del suo studio.
Il Guggenheim ha lanciato un pubblico appello alle autorità cinesi per il rilascio dell’artista che si può sottoscrivere (lo trovate qui). Firmiamo, la nostra voce può essere d’aiuto a lui e agli altri attivisti. Non facciamo come L’UE o i governi dei singoli stati – compreso il nostro – che stanno a guardare per non disturbare il governo cinese.

MiArt depressione

Poca gente. Troppo poca per essere per essere una fiera. Sabato e domenica al MiArt (quanto alla consorella cenerentola Aam) si poteva girare coi pattini. Contrariamente a quanto detto in giro dagli organizzatori, il panorama era desolante. Perché è evidente che le fiere – al di la dei progetti curatoriali o di quello che scrivono i giornali – funzionano se c’è tanta gente, collezionisti, addetti ai lavori.
Il numero delle persone da in qualche maniera il polso della situazione. Più gente c’è più c’è interesse, aspettative. Il collezionista è un animale che va stanato. E la situazione, a Milano, è desolante. A poco servono i proclami di Dipietrantonio, i progetti curatoriali e tutto il resto. Alla fiera in questa città non crede più nessuno, forse neanche le coolissime gallerie che il diretùr della Gamec ha precettato.

Prima mostra a Venezia

Tra qualche ora si inaugura la mia prima mostra a Venezia (la personale di Michal Martychowiec alla Galleria Upp). Non ne sono il curatore, ho scritto semplicemente il testo, ma la sento comunque in qualche modo mia. E questo benché non abbia seguito in tutte le fasi lo sviluppo del progetto, la scelta delle opere e l’allestimento.
Ho sempre pensato che la città lagunare fosse in qualche modo un tappa ineludibile del cursus honorum del curatore, per tutto quello che rappresenta, per il suo sistema culturale, per essere semplicemente icona ed unicum.
Questa sera mi addormenterò un po’ più felice.

Bastiancontrario volta pagina

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