Categoria: arte

McCarthy a Milano. Fondazione Trussardi fa ancora centro

Poco importa che ci fossero i direttori museo, i curatori international, gli artisti che fanno numeri alle aste – come Cattelan – e tutto l’ambaradan schierato del mondo dell’arte più ricco (sia detto con molta invidia da parte del sottoscritto). La mostra di Paul McCarthy organizzata dalla Fondazione Trussardi in centro a Milano ha qualcosa di eccezionale. La sede (un palazzo in restauro), l’artista, che alla fine è forse anche stancante e barocco, con il suo linguaggio bulimico che genera un ipertrofico e paratattico casino.
Certo una mostra così è vecchia di una decina d’anni, si potrà obbiettare. Ma conviene ricordare che a Milano nessuno l’ha fatta prima. E poi questa città ha smesso di avere una politica culturale vent’anni fa, con il vuoto di Tangentopoli. Non c’è che dire, anche questa volta Fondazione Trussardi merita i complimenti.

Macro & Maxxi. La sfida è ora

Non c’è che dire. La doppia apertura museale romana Macro/Maxxi ha dimostrato quello che forse si sapeva già: gli italiani, se vogliono, ce la fanno a far qualcosa di buono, anche se molti remano contro.
Non vorrei però che la modalità scelta per la città fosse troppo semplicisticamente ispirata al modello Bilbao: faccio un museo da meraviglia in una città sperando che automaticamente cambino le sorti del luogo. Infatti fortunatamente Roma non è depressa come la Bilbao degli anni Ottanta (essendo in buona sostanza una città dal passato florido ed invadente che vive avvolta dalle ragnatele della propria storia) e nel contempo la città è anche un centro economico e culturale di primo livello; parimenti sono disponibili numerosi capitali di provenienza bancaria e qualche volta pure le istituzioni riescono a lavorare.
Roma non ha cioè immediato bisogno di Macro & Maxxi: queste due istituzioni infatti non appartengono (solo) alla città bensì al paese tutto. Costruito il motore, Roma deve a questo punto mettere a disposizione il combustibile per andare altrove. Per produrre innovazione, cultura del cambiamento, interesse, partecipazione. Dopo i fuochi d’artificio dell’inaugurazione la vera sfida è ora.

L’abbuffata romana

E’ una grande abbuffata quella che si presta ad essere consumata a Roma questa settimana. Dopo anni di attesa aprono il Maxxi, il Macro, e per gli instancabili camminatori non paghi di aver visto i musei c’è pure la fiera Road to Contemporary Art. Ovviamente ci sono pure le gallerie, le conferenze, i brunch, le cene, le feste e tutto il resto. C’è insomma da rimanere storditi.
Per una volta molto del mondo internazionale dell’arte ci guarderà senza ridere preventivamente, solo per capire se noi italiani ce la faremo oppure no. Per capire se sarà insomma il classico fuoco di paglia o davvero un salto in avanti per il sistema dell’arte italiano.
Nessuno lo sa ancora intanto abbuffiamoci, semel in anno. Nel giro di un lustro capiremo se la festa è appena iniziata o se sarà il canto del cigno. Inboccallupo Italia.

Sgarbi soprintendente a Venezia? Per Bondi è sì

La prima cosa che ho pensato è che al peggio non ci sia mai fine. La seconda che il posto più appropriato per Bondi sia un convento lontano dalle cose mondane, dato che quelle poche volte che va al suo ufficio in via del Collegio Romano – è il ministro più assenteista: Brunetta dove sei? – commette cappelle clamorose. Caro ministro, la prego, stia lontano dal Mibac e si dedichi piuttosto a seguire quel sentiero illustre tracciato da Francesco Petrarca: scriva poesie, non importa se saranno dedicate a sua altezza il re dei nani; sarà sempre il male minore.
Contrariamente infatti al primo nome uscito di Fabrizio Magani, già responsabile della Soprintendenza di Verona, il ministro ha tirato fuori dal cilindro il nome di Vittorio Sgarbi. Proprio lui che sarà responsabile dell’italico padiglione alla prossima Biennale. Proprio lui che tutto sa di arte da Fidia a Cattelan. Proprio lui che è stato condannato nel 1996, con sentenza definitiva del Pretore di Venezia, a 6 mesi e 10 giorni di reclusione per falso e truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato (era dipendente ministeriale proprio nella città lagunare).
Evidentemente per Bondi quel curriculum da uomo disonesto è adatto per il ruolo. Che ministro per bene.

Larry Gago è Ronald Mc Donald’s!

Penso di avere avuto l’intuizione in grado di cambiare la storia dell’arte e quest’anno mi aspetto il Pulitzer per il giornalismo. Indovinate perché: ho scoperto chi c’è sotto le spoglie di Ronald Mc Donald’s, il famigliare pupazzo che accompagna ogni ristorante della catena nefast food. E’ lui, Larry Gago, il mitico gallerista californiano di origine armena.
Sono infatti dieci gli spazi posseduti dal nostro clown, come riportano i giornali, ed è ormai chiaro come operi nei paesi in cui necessita aprire una galleria. Larry Gago – che esattamente come il suo alter ego femminile ama i travestimenti – si mette i panni da Ronald Mc Donald’s per ambientarsi qualche settimana mentre viene aperto un nuovo ristorante. Poi si lancia all’acquisto di un galleria, e sfruttando abilmente le reti del marketing della multinazionale dell’hamburger porta i clienti più ricchi e freakettoni a vedere le opere. Tra un double cheese ed un happy meal piazza così i suoi lavori più costosi. Talvolta si fa i panini per sé vendendo le opere che lui stesso ha comprato, grazie ad amico che fa le aste, ma per il solo piacere di vendere e di dire al mondo quant’è buono il bacon col cetriolino ed il ketchup. Che delizia!
Misteriosamente non ha odore di french fries, pur trattando spesso fritto misto. Che sia la benedizione della Cia?

Una mostra sulla carta

Un recente impegno di lavoro mi ha portato a Haifa, città in cui ho potuto vedere un’interessante mostra organizzata da uno dei musei cittadini esclusivamente con finalità didattiche, per visitatori cioè di età compresa tra sei e sedici anni. La mostra proponeva un’analisi delle possibilità materiche ed espressive della carta, e – seppur con “solo” una trentina di opere della collezione dei musei – risultava di assoluto interesse. I pezzi spaziavano dalle classiche aporie visive di Cornelius Escher al concettuale spinto di Michael Druks, con anche pezzi di particolare pregio tra i quali un Fontana bianco molto ben scelto.
E’ stata una sorpresa: non sono un frequentatore di progetti didattici, ma mai avevo visto nel nostro paese una mostra così sfaccettata e intellettualmente spinta per bambini e teenager. Anzi qui da noi la didattica si fa ex post appiccicando dei laboratori su progetti già esistenti: molto spesso noia su noia. Non sarà che da noi i bambini li trattiamo da rincoglioniti? O li facciamo diventare per la nostra imperizia?

Giorgione? Vediamolo al centro commerciale!

È curioso e superpop il tributo che in questi giorni Castelfranco Veneto dedica al suo cittadino più illustre, il Giorgione. Dopo la mostra ospitata nella sua “casa natale” (così dicono i comunicati, ma in realtà l’unica cosa di cui siamo sicuri è che in quel palazzo ci sono dei fregi affrescati realizzati dal pittore e dalla sua bottega), letteralmente presa d’assalto dal pubblico, ora il centro commerciale “Giardini del sole” espone infatti delle copie delle opere del genius loci, come pomposamente dichiarato in paginate di pubblicità comprate nei giornali locali.
Così le persone distratte o che non hanno avuto la possibilità di andare alla mostra – basti pensare che ad un mese dalla chiusura erano stati venduti tutti i posti per vedere i suoi quadri – potranno infatti fare shopping e vedere qualche bel pezzo del Zorzon, di sicuro ben riprodotto. In fin dei conti cosa cambia?
E poi, se non siamo riusciti a sentire i Radiohead, cosa c’è di meglio di una cover band dal vivo la settimana successiva?

L'arte concettuale? Per induzione. Parola di Hilla Becher

Ho avuto la fortuna di conoscere Hilla Becher in occasione della mostra organizzata a Bologna l’anno scorso presso il Museo Morandi a Bologna. Mi è piaciuta molto questa signora ormai anziana in grado di esprimersi, come tutte le persone davvero grandi, con semplicità ed immediatezza. In particolare mi hanno colpito le sue parole riguardo i primi anni di lavoro assieme al marito. “Le tipologie”, mi ha spiegato “sono nate dopo anni passati a scattare ricercando di standardizzare il processo di ripresa. L’idea che le foto potessero essere in relazione nasce solo dopo lunghi mesi di osservazione”.
Sono stato felice di sentire quelle riflessioni, tanto più perché provano come l’arte concettuale abbia anche matrici induttive, contrariamente alla vulgata che tanto si ascolta in giro e che congela l’atto creativo nell’idea. Che è spesso quello che tanti cattivi e professori insegnano ai nostri studenti nelle accademie, ammorbandoli con elucubrazioni sui progetti e contemporaneamente sottraendo al fare arte la dimensione pratica. Invece, almeno per la coppia tedesca, l’arte si è sviluppata a posteriori, ed il pensiero è stato generato dall’interazione reale/concetto mediata dall’artista e dal tempo. In barba “ai maligni e ai superbi” teorici idealisti.