Categoria: cultura

Il leone avaro

Il negozio dell’Olivetti di Piazza San Marco, progettato da Carlo Scarpa alla fine degli Anni Cinquanta tornerà allo stato originale. Quella perla, di proprietà delle Assicurazioni Generali, era infatti data in affitto dalle stesse ricchissime assicurazioni ad uno squallido venditore di vere cazzabubbole di Murano, che tra l’altro lo aveva adattato alle proprie esigenze. Ma si sa, i soldi della pigione non dispiacciono a nessuno, figurarsi al Leone di Trieste gnam gnam. E poi, chissenefrega se la bellezza e la qualità architettonica!
Ora il locale è stato dato alla cura del FAI, in comodato gratuito. È già buono, ok. Ma perché no una donazione? Non sia mai che il panciuto Leone condivida il suo pranzetto…

Venti euri a Pinault

Venti euri. È questo che si paga per vedere la magnifica collezione di arte contemporanea di François Pinault nelle due sedi veneziane di Palazzo Grassi e della meravigliosa Punta della Dogana. E per fortuna che musealmente la città sarebbe sguarnitissima sul contemporaneo, se si eccettua il Guggenheim, e le mostre temporanee.
Eppure quella cifra pare troppo elevata. Troppo elevata per i visitatori che a Venezia vengono continuamente seviziati e taglieggiati (il traghetto costa come un taxi, un’aranciata come un bicchiere di Barolo), troppo elevata per le benedizioni di Cacciari che ha smesso di fare l’intellettuale di sinistra e ha incominciato a fare invece il sindaco che fa i conti con la realtà, scordandosi che Monsieur Pinault, più di un mecenate, è un lucidissimo imprenditore.
Vabbeh, intanto paghiamo, la bellezzaa costa. Ma qualche euro in meno si poteva fare, no?

Esserci o non esserci

C’è un artista, Pino Boresta, che negli ultimi due anni ha insistentemente chiesto di partecipare alla Biennale di Venezia. In modo scomposto, intelligentemente caciarone, e ponendosi al limite del sistema. Il suo è così un lavoro di contrappunto, che fa ragionare su quanto sia importante, per un artista, vantare sul curriculum il marchio del leone lagunare.
Allargando il campo, il problema è su quanto sia indispensabile mostrarsi e non mancare in alcune situazioni fondamentali. In un mondo competitivo in cui non mancano persone preparate, la capacità di relazionarsi sembra essere quasi più importante della qualità di ciò che si produce. Si potrebbe pure obbiettare che anche saper essere nei giusti posti è un fatto di professionalità, ed è vero. L’impressione mia è che però saremo sempre più costretti ad essere -se non vogliamo essere sepolti dall’oblio- manager di noi stessi, anche in forma innaturale e smaliziata. Amen.

La villa e il bunker

Negli scorsi giorni sono stato a Villa Caldogno, la magnifica residenza a nord di Vicenza opera del Palladio. Pareti affrescate (Fasolo, Zelotti, Carpioni), luogo d’altri tempi. Dentro stavano allestendo una mostra di arte contemporanea, prodotta dal C4 e curata da Barbero. Erano facilmente riconoscibili Spalletti e Perino&Vele, mentre nel giardino Hamak ed una pietra incernierata di Zuffi. Il fine settimana apriranno il Bunker (un greve rifugio antibomba della seconda guerra mondiale) che verrà utilizzato per mostre e farà da contraltare alla levità della residenza rinascimentale.
Nello stesso plesso, il meglio ed il peggio dell’umanità. Alto e basso, a contatto: un edificio per celebrare la vita ed uno per difenderla dalle offese della morte. E il trait d’union è ancora una volta il contemporaneo.

Affresco rinascimentale

A Conegliano Veneto, la città di Giovanni Battista Cima e del prosecco (altro non c’è, a parte il formaggio imbriago), hanno appena fatto un affresco rinascimentale. Sì, proprio un affresco rinascimentale, con tanto di cavalieri, gonfaloni & co. Una bella idea, con tanto di sponsorizzazioni di banche e benedizioni del comune. Conegliano infatti, a quanto dicono gli ideatori, dovrà tornar ad essere una urbs picta. Ovviamente confidiamo in qualche street artista body { background: #FFF; } body { background: #con bombolette che ci riporti ai nostri giorni.