Liste di opere e di artisti

La lista è un piacere intellettuale vertiginoso, come ricorda Umberto Eco, che al tema ha dedicato un bel progetto a Parigi lo scorso inverno. Ma anche più prosaicamente Leporello in una delle arie più note del Don Giovanni – musicato da Mozart su libretto di Da Ponte – spiega quanto questo sia un piacere sublime, che mette insieme eros e gioco mentale.
Al potere delle liste ci sto pensando da qualche settimana. Sto lavorando a tre mostre collettive, due delle quali a quattro mani con un altro curatore. E’ un lavoro stimolante: stabilite le idee di fondo, le linee guida su cui costruire le esposizioni, stiamo scambiandoci e confrontandoci su liste di opere o artisti.
Si tratta di un lavoro di piccole modifiche, di aggiustamenti successivi. Ci si confronta su punti di vista differenti finché si trova un equilibrio che permetta cioè di soddisfare gli stimoli di entrambi. Poi ovviamente vi saranno altri bilanciamenti, dovuti alla disponibilità degli artisti, agli allestimenti eccetera. In ogni lista si nasconde una micro o macro visione del mondo. Anche quello dell’arte.

Italiani brava gente

“La libertà dei cittadini è del tutto impossibile per la semplice ragione che le persone [in Italia] che hanno i necessari requisiti morali e intellettuali sono poche”. Ditemi che non è vero?
Questo è quello che scrive Maurizio Viroli in La libertà dei servi, uscito per Laterza. Ne parla Andrea Romano sulllo scorso Domenicale (trovate il pezzo qui), e, come spesso fanno gli intellettuali, sottostima la portata di Berlusconi spiegando che il Nano malefico ha realizzato ben poco del proprio progetto politico poiché “l’impressione che si ricava in prospettiva storica, guardando ai quindicennio del potere berlusconiano, è che il Cavaliere sia riuscito a far ben poco di quello che aveva in mente. Sia che nella testa del Cavaliere versione 1994 vi fosse un programma orgogliosamente liberale e liberista sia che si trattasse invece di un piano teso a conculcare le nostre libertà civili, il berlusconismo si avvia ad essere ricordato soprattutto come una lunga parentesi di declino nazionale sulla quale molto più dell’onnipotenza ha pesato l’impotenza della politica”.
Al contrario di Romano penso che invece politicamente qualcosa sia cambiato, più sul piano delle consuetudini, delle prassi. Una per tutti il continuo stillicidio di leggi ad personam. Se fino alla Prima Republica prima infatti si corrompevano i giudici per non essere indagati, ora si lavora sulle leggi per farla franca e togliere le ipotesi di reato.
E poi, soprattuto, il degrado morale. Per lo più ostentato. Mi sento in mezzo a gente onesta che, se potesse, delinquerebbe esattamente come fa la casta. La cultura dell’onestà di matrice cattolica e marxista è stata completamente rasa al suolo. Ora, quel che resta della classe più povera sogna di fottere tutti come chi sta ai vertici.

Onestà e vergogna, assenti non giustificate

Il livello di strafottenza e di continue menzogne della classe politica è solo lo specchio del nostro Paese. Diciamolo: i politici fanno impunemente quello che molti comuni cittadini sognano di fare, ma non ne hanno la possibilità, poveri loro.
Per esempio nemmeno il buon senso di dimettersi quando si è responsabili di un disastro: il presidente della Federazione Gioco Calcio; oppure il neoministro del nulla con la delega agli zebedei che non vuole rispondere alle domande di domenica (poverino) e vuole legittimamente dichiararsi impedito. Ma stessa cosa si può dire con gli italianissimi prelati – forse non ve ne siete accorti, ma il Vaticano si è annesso l’Italia – che hanno mangiato quattrini dei poverelli di mezzo mondo e coperto mostruosi colleghi che mangiavano l’infanzia dei bambini.
Tutti hanno il diritto di fottere gli altri e di fottersene. La vergogna è in vacanza e l’onestà è a divertirsi. A puttane.

Fanculo curatori & co. Il padiglione italiano sarà fatto dagli intellettuali

Vi fareste mai otturare un dente dal carrozziere? Oppure chiamereste mai un giornalista per farvi sistemare la caldaia? Se non amate il rischio non lo fareste mai. E soprattutto difficilmente risolvereste il problema. Però potreste sempre chiamare un intellettuale.
È quello che farà lo Sgarbone nazionale per il nostro padiglione: il commissario Vittorio ha infatti spiegato, in un’intervista concessa al Piccolo di Trieste, che chiamerà intellettuali – come Claudio Magris, Alberto Arbasino, Umberto Eco, Paulo Coelho, Dominique Fernández – a scegliere gli artisti rappresentativi del nostro Paese. D’altronde i critici e i curatori lui li odia, poiché sono “dei narcisi pezzi di merda che pensano di averlo più lungo degli altri” (me lo ha dichiarato di persona il giorno dell’apertura del Maxxi).
Ha ragione. C’è gente che si fa il culo per quattro lire, che cerca di indagare nuovi linguaggi e crede nella sperimentazione: ma sono semplicemente “dei pezzi di merda”. Vuoi mettere le competenze in arte contemporanea di cinque – per l’amor del cielo eccelsi nella loro disciplina – vecchi, età media 75 anni? Degli autentici pezzi di Novecento?
Che vergogna. L’unico aspetto positivo è che la solita cricca mangerà un po’ meno.

Oggi è il mio compleanno

Il titolo è fuorviante, come negarlo. Non sono cioè io stesso nato il 18 giugno, semplicemente oggi spengo la prima candelina del mio blog. Bastiancontrario compie infatti un anno.
E’ un’esperienza travolgente e nello stesso tempo impegnativa, dato che – seppur in forma breve – è un confronto con la scrittura quotidiano. Bastano poche righe, non occorre buttarsi in analisi da mal di testa, si possono dire le cose velocemente senza rubare tempo alle persone. E nel contempo si può non essere lapidari come impone un tweet, che mi pare decisamente ansiogeno. Essenzialmente per me un blog è un modo per confrontarsi, per ricevere e suggerire impressioni, idee e critiche.
In un anno ho ricevuto oltre settantamila visite, tra quelle alla pagina principale a quelle ai permalink. Sono 193 al giorno, spesso di persone che tornano più di una volta durante la settimana, il che non può solo che farmi piacere.
Io seguo ad impegnarmi. Spero che continuiate a leggermi, commentarmi e criticarmi. E se necessario, mandarmi pure a fanculo.

Berlusca si compra il Caravaggio Odescalchi? Per fortuna no

Dopo le anticipazioni di stamattina del Fatto quotidiano e del Messaggero una certa apprensione ed una certa dose di amara incazzatura mi era venuta: secondo la gola profonda cui avevano avuto accesso i due giornali il Cavalier Banana aveva iniziato una trattativa privata con la famiglia Odescalchi per l’acquisto della Conversione di Saulo, uno dei più bei Caravaggio di sempre. Poi nel pomeriggio ci ha pensato la Presidenza del Consiglio a smentire il tutto, facendomi tirare un respiro di sollievo.
Dal punto di vista legale un bene artistico può essere venduto, anche se, in casi come questi, lo Stato può avvalersi del diritto di prelazione. Il che, considerato le scarse sensibilità e le tasche poverissime dei ministeri poteva creare più di qualche imbarazzo.
Ma quello che avrei difficilmente sopportato è che il quadro se lo fosse tenuto in casa sua il Nanetto. Questo sì mi avrebbe dato fastidio. Me lo immagino già vantarsene, di notte pieno di viagra, di fronte l’ennesima aitante pulzella grandefratellina. Caro Silvio, eventualmente prenda Pomodoro, che fa sempre la sua bella figura e ci si può pure specchiare, lei che è così bello, nel giallo oro. Ok?

Repubblica suprematista per la libertà di stampa

Sono convinto che questo governo voglia mettere il bavaglio alla stampa e alle voci critiche nei suoi confronti, ma questo vedendo il trascorso fascista e massone di molti dei suoi componenti – e la pochezza dell’opposizione – era tutto immaginabile. Ma non voglio parlare di questo, quanto di impaginazione.
Mi è piaciuta la scelta grafica e concettuale che ne ha fatto Repubblica di realizzare una prima pagina bianca, con un semplice post-it giallo bello in centro, come reazione alla legge che sta passando questi giorni alle camere e che limita di molto il lavoro di giornalisti (e pubblici inquirenti). Una prima pagina decisamente à la Malevich, essenziale e cattiva. Ogni tanto fa bene rinfrescarsi gli occhi con un po’ di acqua suprematista.

Roma, il Cupolone e la città in largo

In una recente dichiarazione, il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha suggerito come costruire “in alto”, oltre quel vincolo ideale posto dalla cupola di San Pietro, possa essere una nuova strada per evitare che vengano deturpate altre zone periferiche della capitale. Costruire verticalmente – questo è il concetto – può arginare il proliferare orizzontale della città.
Oh bene, finalmente un’idea! A mio avviso però Alemanno non centra la questione, dato che il problema non è tanto come costruire, ma che idea di ha della città. Pensare a periferie con palazzi alti equivale infatti a costruire periferie in largo se non si cambia la modalità monofunzionale per cui lavoro, servizi e vita sociale avvengono in centro, mentre la casa è altrove. Bisogna mischiare le cose, rendere la città viva ovunque e smetterla col costruire al di fuori del centro gli ennesimi quartieri dormitorio che arricchiscono i palazzinari e producono bruttezza!