De Chirico e la parabola dell’italiano disonesto

Nel secondo dopoguerra De Chirico aveva infatti con una certa frequenza iniziato a copiare i propri quadri metafisici, ma anche a retrodatare quelli che faceva per poterli vendere come giovanili: quindi da un lato riproponeva la maniera degli anni Dieci e Venti, dall’altro si autofalsificava arrivando perfino a non rendersi più conto lui stesso se l’opera fosse originale o copia. A quel punto il pasticciaccio era fatto.
Ma che credibilità può avere un simile uomo disonesto? Come possiamo tollerare questa pratica intellettualmente truffaldina dedicandogli una mostra con lavori posteriori agli anni Quaranta (seppure con l’accortezza di segnalarne l’erronea datazione furbesca). Ci piace celebrare il famoso, il noto, il vincente, e non sappiamo mandare a fanculo i vecchi tromboni che ci fottono.
La parabola di de Chirico è esattamente la stessa del nostro paese. Che disgusto.
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Larry Gago è Ronald Mc Donald’s!
Sono infatti dieci gli spazi posseduti dal nostro clown, come riportano i giornali, ed è ormai chiaro come operi nei paesi in cui necessita aprire una galleria. Larry Gago – che esattamente come il suo alter ego femminile ama i travestimenti – si mette i panni da Ronald Mc Donald’s per ambientarsi qualche settimana mentre viene aperto un nuovo ristorante. Poi si lancia all’acquisto di un galleria, e sfruttando abilmente le reti del marketing della multinazionale dell’hamburger porta i clienti più ricchi e freakettoni a vedere le opere. Tra un double cheese ed un happy meal piazza così i suoi lavori più costosi. Talvolta si fa i panini per sé vendendo le opere che lui stesso ha comprato, grazie ad amico che fa le aste, ma per il solo piacere di vendere e di dire al mondo quant’è buono il bacon col cetriolino ed il ketchup. Che delizia!
Misteriosamente non ha odore di french fries, pur trattando spesso fritto misto. Che sia la benedizione della Cia?
Il Pompiere della Sera ed il bavaglio(lo)
Dicono che Il Corriere della Sera sia il più importante quotidiano del nostro paese. Al di là del fatto che usare la parola paese per l’Italia pare esagerata, il quotidiano Rcs non perde invece l’occasione per dimostrarsi l’organo della cattiva borghesia italiana. Quella insulsamente conservatrice e che malpensa, poiché difendere i propri interessi vale ben di più di amministrare e mettere in piedi una nazione, di esserne cioè quella che pomposamente una volta si diceva “classe dirigente”.
Che dire ad esempio del pezzo dell’altro ieri di Ostellino su l’insostenibile leggerezza dello stato sociale, prontamente confermato nella tesi dalla pen(n)a puntuta di Panebianco? O della posizione prona alla Maria Goretti (ben più dirette le prese di posizione della Stampa o di Repubblica) in merito al bavaglio che il Parlamento sta mettendo alla stampa?
Massì, non rompiamoci le palle a dare la caccia agli inquisiti e a fare i reporter d’assalto, deve pensare De Bortoli. Siamo il quotidiano più letto, abbiamo amici importanti tra i grandi che lombardi che contano e consiglieri d’amministrazione che non vogliono casini. Per piacere stiamocene seduti a pranzare con il sushi e bollicine della Franciacorta. E per l’amor di dio non si racconti che l’aria è ammorbata dei peti di una classe politica vergognosa. E per rispetto del bon ton, teniamoci stretto il bavaglio(lo).
Mi viene il vomito.