
Che soluzione da Italietta dei soliti amici della solita lobby. Ero tra coloro che morettianamente si aspettavano qualcosa di sinistra. Minoli ti prego, dimmi che avete esagerato con il Barolo e che domani sistemate tutto!
Due kili e seicentocinquanta grammi. Questo il peso del poderoso catalogo a corredo della mostra Giorgione inaugurata settimana scorsa a Castelfranco. Oltre cinquecento pagine e stampa di buon livello: è quello che comunemente si considera un bel tomo, uno di quelli che in libreria si fa notare, anche a distanza, per il dorso corpulento.
Eppure, nonostante il parterre di storici dell’arte invitati a scriverci (spero cose intelligenti), diventerà il milionesimo postmoderno monumento a Gutemberg, alla carta e al denaro sprecati.
Pensiamoci su: a chi giova stampare un volume simile? Gli addetti ai lavori lo useranno per i saggi, il che rende superfluo l’apparato iconografico; i comuni amanti dell’arte lo troveranno fuori misura e non proprio a portata di portafoglio.
Quindi soldi spesi per nulla. Per l’autostima degli studiosi che hanno preso parte al progetto, per i quali “più grande è, meglio è” (il catalogo). Per i politici che potranno vantare un mattone in più nella propria carriera politica. Per i giornalisti che avranno una preda ulteriore nel carniere che non avranno però mai il tempo di leggere. Per l’editore che qualche quattrino se lo fa di certo.
Che spreco, non era meglio fare un volumetto agile e poi un bel pdf da mettere in chiavetta a spese zero? Siamo un gruppo di romantici spreconi. Eppure la leggerezza dell’editoria digitale è proprio lì dietro l’angolo…
Monique Veaute si è dimessa dalla direzione di Palazzo Grassi, spiegando come “si fosse compiuto un ciclo” e che quindi la missione per la quale era stata ingaggiata sia stata portata a termine. I dietrologi – sempre numerosi nel nostro paese – dicono invece che le dimissioni siano avvenute in maniera un po’ troppo sbrigativa, non tanto perché un corso si fosse concluso ma perché sostanzialmente non sia mai incominciato. I motivi? Pinault farebbe un po’ troppo da padrone…
E come suo stile, Bonito Oliva ci mette il carico, dicendo che il patron transalpino ha ridotto all’immobilismo Punta della Dogana, poiché il centro è stato affidato a “due servi di scena” come Gingeras e Bonami (il quale replica su Il Riformista, caustico ma un po’ troppo attento a pararsi il proprio didietro, quello del magnate francese, ma anche quello del sindaco Cacciari). “Se il comitato scientifico non avrà chiarimenti, io stesso mi dimetterò: del resto lì rappresento il Comune di Venezia, le cui linee guida sono completamente disattese dall’attuale gestione”.
Ottimo compromesso all’italiana. Dichiarazione forte (le dimissioni) ancorato a condizioni difficilmente verificabili per chi legge. Risultato che ancora non sapremo. Chissà, magari ABO vuole dimettersi per curare le mostre, per rubare la scena a quelli che lui definisce i servi del padrone?
ABO è un genio tattico, ed è imprevedibile. Lo vedremo. E se volesse dimettersi dal comitato scientifico per curare lui le mostre? Al Mart sembra sia successo proprio questo e che ne abbia beneficiato pure il suo conto corrente…