Il Pomodoro di Briatore ed il suo gusto

Ho letto un bel pezzo sull’ultimo Venerdì di Repubblica, firmato da Gianni Barbacetto, che racconta l’avventurosa vicenda di Flavio Briatore (anche dal punto di vista dei rapporti con la giustizia e delle sue frequentazioni di persone di ambienti non certo raccomandabili). Ma la cosa che mi ha colpito di più – e che ho appreso con un certo sconcerto – è che Briatore è considerato urbi et orbi un arbiter elegantiarum. D’altro canto sono note le sue amicizie nel settore della moda e del lusso. La sua immagine è quindi quella del ricco dal gusto raffinato e seducente, del “mannaggia a lui magari ce lo potessimo permettere pure noi!”
A conferma di questo c’era un’immagine del trendyssimo Flavio nazionale, in una delle sue dorate magioni in stile impero in uno dei quartieri cool di una delle città più glamour del mondo, con una bella palla sul tavolino. Fantastica, sarà tutta d’oro. Una di quelle opere di cui parla Bonami (a dir il vero facendo casino, ma almeno ci si diverte) nel suo Lo potevo fare anch’io.
Che il Bria sia un ennesimo Trimalcione? Personalmente non ho dubbi.

Contro l'immobilità del Bene Culturale

Si può a discutere a lungo su quale definizione dare al Bene Culturale. Ce ne sono svariate, ognuna con una sfumatura che permette di sottolineare un aspetto o un punto di vista particolare. La cosa che più mi sta a cuore è però una concezione arcaicamente antieconomica che sembra abitare il nostro Paese: il fatto cioè, che essendo bene “supremo” sia in qualche modo indisponibile a fruttare e vada solo difeso o protetto. Mi spiego meglio.
Se ho un magnifico cratere a figure rosse del III sec.a.C. che non riesco ad esporre o non ho la forza per informare le persone che c’è e che merita di essere visto, è meglio che lo affidi (con tutte le garanzie del caso) ad un museo estero che riesce a farne una meta turistica. A chi giova avere i musei vuoti e le opere indisponibili?
Nonostante le tante contestazioni, hanno infatti fatto bene i responsabili del Louvre a prestare alcune delle loro opere ai pacchiani arabi mediorientali. Oppure continuiamo a sprecarlo il nostro oro, come raccontava il bel servizio di Rai 3 di domenica scorsa?
Qui non ci arriveremo mai. Troppi sacrari da abbattere, una cultura passatista e antimanageriale da prendere a martellate. Mentre continuano a languire tesori nei nostri forzieri…

Public art & public fart

C’è spesso un abisso di valore nelle opere e negli interventi di public art che ho visto in giro. Devo confessare che molti di quelli che ho visto nelle varie città fanno schifo, sono retorici, tronfi, didascalici. Non è facile infatti trovare lo spazio per l’arte nel sovraffollato contesto urbano.
Essenzialmente mi pare che solo quelli che funziono bene anche altrove (e cioè in galleria o al museo) sono i migliori, il che, a dirla tutta, ne motiverebbe una certa inutilità della collocazione. Le opere cioè devono restare tali a prescindere dal fatto di essere messe sulle strade o sui palazzi. Quelle interessanti, ovunque si mettano, rimangono tali.
Tutto il resto è noia, mi pare.

Ratzi sgamato a copiare!

Il Papa è stato in visita a Praga e ha fatto ieri il suo bel ragionamento spiegando che “il comunismo è basato sulla menzogna”. Certo, non ha torto se si riferisce alla dittatura, ma ogni dittatura ed ogni potere assoluto sono inevitabilmente costruiti sulla menzogna. Dove sta la novità?
Comunque ti abbiamo sgamatoRatzi, sappiamo da chi hai copiato quel discorso! Vi ricordate chi ha incontrato il Pontefice in aeroporto a Roma? È proprio lui… Caro Papa, certo che però potevi almeno evitare di copiare proprio dall’ultimo della classe…

Eurostar

Aiuto. Non ne posso più. Trenitalia anche oggi mi ha massacrato: ritardo di due ore, treno soppresso in corsa (pindarico giro di parole in burocratese ferroviario per dire che ci hanno fermati e costretti a prendere un altro convoglio). So già la risposta quando chiederò il rimborso: “le cause non sono imputabili a nostra colpa”. Oppure “il risarcimento è dovuto solo nel caso in cui avesse prenotato sei mesi fa su internet pagando in anticipo e lasciando sua madre in cauzione”.
Per fortuna che almeno questa volta urlerò io. E non più quei bambini deficienti, figli di genitori deficienti, che mi hanno rotto le scatole per tutto il viaggio in treno, piangendo e parlando ad un tono di voce folle. Voglio andare in Germania.

Montesquieu e San Gennaro

«C’è infatti un altro mago […]. Questo mago si chiama il Papa. Egli riesce a far credere che tre e uno sono la stessa cosa, che il pane che si mangia non è pane o che il vino che si beve non è affatto vino, e mille altre cose di questo genere».*
Dimenticava il buon barone l’ampolla col sangue di San Gennaro, agitata dagli arcivescovi napoletani tre volte all’anno col vigore con cui un adolescente mascolo trova il proprio solitario piacere.
Che bravi però, i maghi che praticano dentro le chiese.

*C.L de Montesquieu, Lettere persiane, tr. it. di G. Alfieri Todaro-Faranda, Milano, Rizzoli, 1984.

Hitler, la madre di dio e i cani che abbaiano

Tutti d’accordo a Verona. Il vescovo, il rabbino capo, il sindaco Tosi: “Quell’opera è blasfema”. Il colpito della scomunica è Giuseppe Veneziano, colpevole di avere presentato ad ArtVerona un olio in cui la madre di dio è in compagnia non del consueto bambino ma di un piccolo Hitlerino in divisa.
Apriti cielo, polemica automatica e vai col liscio. Ovviamente, tutti concordi, i religiosi che abbaiano dal loro pulpito e pure il rottweiler leghista che guida la città. Zum pa pà, zum pa pà!
Non entro a discutere sul valore artistico dell’opera, ma in un paese normale avrebbe semplicemente fatto ridere per il contenuto irriverente o aprire un dibattito sul ruolo della Chiesa nel periodo nazista (anzi caro vescovo, perché non ne parliamo?). Avrei confidato qualche risata anche da parte della comunità ebraica, che invece troppo spesso è attenta quasi solo a custodire i segni della persecuzione subita.
Bello, bellissimo. Almeno ridiamo noi, di tutti. E di gusto.

Porca a porca

Chi pensa che l’Italia sia uno stato dove non vige la libertà di stampa si sbaglia. Innanzitutto per la presenza del mercato, grazie a cui evidentemente ci sono interessi divergenti, non essendo in una condizione di monopolio. E poi perché ci sono intellettuali e giornalisti con la schiena molto più dritta di quanto vogliano farci capire il nano coi tacchi che quotidianamente scatarra dal pulpito televisivo.
Il problema piuttosto sono situazioni di monopolio -ne parla gustosamente anche Grasso sul Corriere– come quelle indotte dall’ignobile show di Porca a porca di ieri sera (magistralmente diretto dall’imenottero aquilano della Rai), per il quale si è preventivamente bloccato il palinsesto televisivo di emittenti pubbliche e private per dare un pubblico in pasto all’unto del signore. Un bel tentativo di indurci, quanto meno televisivamente, al pensiero unico, no?
L’Auditel ha dato torto al prosseneta marsicano e pure al miglior primo ministro sin dall’Unità d’Italia, battuti fragorosamente anche dalla fiction e quasi anche da un vetusto Dirty Dancing. Godo come un riccio.