Il presidente cinese Hu Jintao è in questi giorni in visita in Italia, con uno stuolo di imprenditori con gli occhi a mandorla. Ha incontrato Berlusconi e Napolitano, il quale ha espresso l’auspicio, con sin troppa moderazione, che la Cina presti più attenzione ai diritti umani. Peccato che in fondo in fondo Napolitano – come tanti altri – sapeva forse che tutto questo non ci conviene. Conviene a tutti che i cinesi siano sottopagati, senza democrazia, tanto ai grandi portatori di capitali quanto alla gente comune. Aiuto, che mondo cinico.
Gillo il gentile
Ho chiamato a casa Gillo Dorfles un paio di giorni fa. Penso sia uno degli intellettuali più importanti del nostro paese, e tra i più lucidi e piacevoli da leggere. Di sicuro è uno dei meno autoreferenziali, nonostante centocinquanta libri, duemilacinquecento pubblicazioni, in dieci lingue differenti.
L’ho invitato a tenere una prolusione per un’occasione pubblica, e lui – cordiale e disponibile anche con il primo che capita – mi ha dato la sua disponibilità, senza troppo indugiare. Una bella lezione di gentilezza. Imparate giovani fenomeno, intellettuali rampanti, e parolai che più fighi non si può!
L’ho invitato a tenere una prolusione per un’occasione pubblica, e lui – cordiale e disponibile anche con il primo che capita – mi ha dato la sua disponibilità, senza troppo indugiare. Una bella lezione di gentilezza. Imparate giovani fenomeno, intellettuali rampanti, e parolai che più fighi non si può!
Culo in terra
A Nadia Zoccari, nuotatrice impegnata ai Giochi del Mediterraneo, ieri si è rotta la tutina idrodinamica. Un bello sbrego nel didietro e l’atleta ha dovuto abbandonare la gara con le natiche al vento. Dispiace, dopo tanta fatica e allenamenti, che la cosa sia finita in lacrime. Ma prendiamo almeno il lato positivo: che visione celestiale…
Caro consigliere non si scaldi
Un consigliere comunale di Trieste, un integerrimo sbirro in pensione che porta vecchiette e disabili a Medjugorie, ha fatto un’interpellanza al sindaco ed un esposto alla Procura per il manifesto d’artista di Massimo Deganutti esposto nel progetto di public art dell’attivissimo Gruppo 78. La colpa? Oscenità. Ci sono esposte due donne a seno nudo, ed il consigliere non vuole che il suo comune dia il patrocinio a cose che potrebbero turbare la cittadinanza.
Però, caro consigliere, lei deve essere proprio molto macho per scaldarsi per questa immagine. Se siete, come me, invidiosi potete scrivergli per fargli i complimenti…
Però, caro consigliere, lei deve essere proprio molto macho per scaldarsi per questa immagine. Se siete, come me, invidiosi potete scrivergli per fargli i complimenti…
Titolo in italiano or English title?
Sto lavorando come curatore ad alcune mostre di arte contemporanea che si faranno in autunno. Una delle cose che più mi mette in difficoltà e decidere non tanto il titolo -che è sempre la sintesi tra istanze differenti- ma se sarà in italiano o in inglese. È indubbio che l’inglese ha una maggiore incisività (è una lingua ricca di monosillabi), mentre la nostra lingua è molto più suggestiva e complessa. L’inglese tende infatti ad essere rapido, ed in più, grazie alla forza economica, politica e tecnologica delle nazioni che lo parlano, gode del vantaggio di suonare al passo coi tempi, all’avvanguardia. Al contrario l’italiano sembra convenzionale, scontato, e lento, un po’ come è il nostro Bel Paese.
Dispiace, e come. Purtroppo viviamo in un luogo che ha per lo più perso la capacità di creare novità, pensiero contemporaneo, e la lingua ne è specchio. Ascoltate ad esempio la lingua standard, in bocca tanto ai ggiovani quanto alle generazioni di mezzo, in cui abbondano ad esempio le parole card, la quasi desinenza day, opening quando ci sono gli equivalenti italiani. Brividi.
I titoli? Speriamo l’italiano tenga. Mal che vada ci pensa papà latino.
Dispiace, e come. Purtroppo viviamo in un luogo che ha per lo più perso la capacità di creare novità, pensiero contemporaneo, e la lingua ne è specchio. Ascoltate ad esempio la lingua standard, in bocca tanto ai ggiovani quanto alle generazioni di mezzo, in cui abbondano ad esempio le parole card, la quasi desinenza day, opening quando ci sono gli equivalenti italiani. Brividi.
I titoli? Speriamo l’italiano tenga. Mal che vada ci pensa papà latino.
Orlan, Michael e la gioia del taglio
Sono tra quelli che non verserà più di tante lacrime per la morte di Jackson. Mi dispiace per il suo dramma, e dispiace che l’ennesimo disadattato mentale non sia stato perfettamente curato dai medici. La sua idea di diventare uno scoiattolo albino è assolutamente post human, e tutto ciò mi interessa. Ma ho sempre avvertito un certo -forse paternalistico- senso di pudore nei confronti di una persona malata affetta da gravi disturbi, e sentondomi come uno dei feroci spettatori che va a vedere le deformità di elephant man mi sono imposto di chiudere gli occhi.
Per il resto trovo molto più lucida la follia di Orlan, che mi piace da morire e che condivido, voyeuristicamente molto più disponibile e meno legata alla patologia. Tagliarsi e modificarsi. E che gioia inquietante vedere.
Per il resto trovo molto più lucida la follia di Orlan, che mi piace da morire e che condivido, voyeuristicamente molto più disponibile e meno legata alla patologia. Tagliarsi e modificarsi. E che gioia inquietante vedere.
Esserci o non esserci
C’è un artista, Pino Boresta, che negli ultimi due anni ha insistentemente chiesto di partecipare alla Biennale di Venezia. In modo scomposto, intelligentemente caciarone, e ponendosi al limite del sistema. Il suo è così un lavoro di contrappunto, che fa ragionare su quanto sia importante, per un artista, vantare sul curriculum il marchio del leone lagunare.
Allargando il campo, il problema è su quanto sia indispensabile mostrarsi e non mancare in alcune situazioni fondamentali. In un mondo competitivo in cui non mancano persone preparate, la capacità di relazionarsi sembra essere quasi più importante della qualità di ciò che si produce. Si potrebbe pure obbiettare che anche saper essere nei giusti posti è un fatto di professionalità, ed è vero. L’impressione mia è che però saremo sempre più costretti ad essere -se non vogliamo essere sepolti dall’oblio- manager di noi stessi, anche in forma innaturale e smaliziata. Amen.
Allargando il campo, il problema è su quanto sia indispensabile mostrarsi e non mancare in alcune situazioni fondamentali. In un mondo competitivo in cui non mancano persone preparate, la capacità di relazionarsi sembra essere quasi più importante della qualità di ciò che si produce. Si potrebbe pure obbiettare che anche saper essere nei giusti posti è un fatto di professionalità, ed è vero. L’impressione mia è che però saremo sempre più costretti ad essere -se non vogliamo essere sepolti dall’oblio- manager di noi stessi, anche in forma innaturale e smaliziata. Amen.
La villa e il bunker
Negli scorsi giorni sono stato a Villa Caldogno, la magnifica residenza a nord di Vicenza opera del Palladio. Pareti affrescate (Fasolo, Zelotti, Carpioni), luogo d’altri tempi. Dentro stavano allestendo una mostra di arte contemporanea, prodotta dal C4 e curata da Barbero. Erano facilmente riconoscibili Spalletti e Perino&Vele, mentre nel giardino Hamak ed una pietra incernierata di Zuffi. Il fine settimana apriranno il Bunker (un greve rifugio antibomba della seconda guerra mondiale) che verrà utilizzato per mostre e farà da contraltare alla levità della residenza rinascimentale.
Nello stesso plesso, il meglio ed il peggio dell’umanità. Alto e basso, a contatto: un edificio per celebrare la vita ed uno per difenderla dalle offese della morte. E il trait d’union è ancora una volta il contemporaneo.
Nello stesso plesso, il meglio ed il peggio dell’umanità. Alto e basso, a contatto: un edificio per celebrare la vita ed uno per difenderla dalle offese della morte. E il trait d’union è ancora una volta il contemporaneo.