Mi sono sempre chiesto se l’artista debba essere consapevole, e soprattutto quanto debba esserlo, del posto che occupa rispetto a tutto ciò che lo ha preceduto. Ed intendo per questo la consapevolezza dell’essere avanguardia, cioè progresso ed anticipo del futuro; elemento di novità, portatore di quello che potremmo definire – prendendo in prestito l’espressione dal mondo economico – un coefficiente di innovazione. Quanto gli artisti si devono rendere conto di essere una nuova cosa? Non per miopia, ma a ragione?
La mia domanda è forse priva di senso, dato che forse non è nemmeno il loro lavoro capire tutto questo. In fin dei conti quello che si chiede agli artisti è di produrre linguaggio, eventualmente senso, riflessioni e – per quanto mi riguarda – punti di vista che mettano in discussione lo status quo.
La recente intervista a Edoardo Sanguineti uscita su Exibart è in questo senso molto interessante. “Credo che il significato forte delle avanguardie sia in generale quello di avere precisamente dei programmi, che non vuol dire avere dei programmi estetici o non soltanto estetici: vuol dire cercare di radicarli in una visione del mondo e assumerne una responsabilità come intellettuale. Io parto dall’idea che qualunque comunicatore ha un ruolo intellettuale perché comunica una sua visione del mondo.”
E’ un lavoro molto difficile anche per i critici più attenti e allenati. Non è troppo chiedere agli artisti di farlo?
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Quando l’artista la sa lunga

Eppure mi pare di prediligere coloro che lavorano esercitando una ragionevole consapevolezza. Un paio di settimane fa Trieste Contemporanea ha organizzato un dialogo tra Driant Zeneli, vincitore dell’edizione 2009 dell’omonimo premio (che ho avuto la fortuna di curare), e Adrian Paci. Il talk, condotto da Julia Trolp, ha sviscerato alcune delle modalità con cui i due artisti albanesi – uno emergente, l’altro già affermato – costruiscono le opere. Era tutto limpido, cartesiano, cristallino, ma senza che ciò togliesse valore alla poesia e all’imprevisto che ogni costruzione estetica lascia alla fantasia di chi guarda.
Dubito però che questa sia l’unica condizione ammissibile. Continuiamo a ragionarci su.