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Linda Carrara. Il pretesto di Lotto

Linda Carrara
Il pretesto di Lotto

Trento (I), Galleria Boccanera
ottobre ― novembre 2016

Realtà, angeli sospesi e metamorfosi
Daniele Capra




Il lavoro di Linda Carrara nasce da una riflessione sulle dinamiche concettuali e mimetiche della pittura, della quale vengono messe in discussione le finalità rappresentative a favore di una pratica svincolata e in grado di creare liberamente realtà e mondi basati su relazioni visive del tutto nuove. In particolare nel suo lavoro il soggetto e la struttura compositiva, centrali nella prassi figurativa, hanno la funzione di essere un pretesto, un’occasione per costruire una realtà immaginifica e sospesa che conduce l’osservatore altrove.

In generale, contrariamente a quanto si è soliti immaginare, la pratica della figurazione non mira alla realtà in sé stessa, a copiarla (aspetto che Platone trovava deplorevole) o a rappresentarla (come accade coi celebri simulacra di Baudrillard), ma la aggira, la circuisce e sovverte. Ne propone cioè una nuova ed essa alternativa, materia incandescente intellegibile a chi possiede la sensibilità e le capacità di decifrare i codici linguistici che la sorreggono. Tale situazione è il frutto di due tendenze che si sono delineate nella modernità. La prima è la consapevolezza da parte dell’artista del proprio ruolo – che avviene progressivamente a partire dal Quattrocento – grazie a cui matura la coscienza di una centralità di ciò che egli stesso produce e del proprio lavoro intellettuale, affrancatosi dall’essere esclusivamente un veicolo di contenuti, un umile servo nelle mani della committenza. La seconda è l’accadere di una frattura concettuale antirealista, e quindi contro il concetto di mimesi, che avviene a metà del Cinquecento in alcuni artisti – i cosiddetti manieristi – i quali hanno portano avanti una spiccata tendenza antinaturalista che per prima ha segnato il superamento linguistico di un limite che fino ad allora era solo considerato bizzarria (si consideri poi che le avanguardie novecentesche, nel loro obliquo relazionarsi alla realtà, hanno, più o meno consapevolmente, conservato traccia di tale atteggiamento).

L’opera di Linda Carrara è un affluente di questo fiume. La sua pittura non è quindi il frutto del lavoro di un pur accorto scrivano chiamato a fissare ciò che sente, tra i tanti rumori di fondo, né tantomeno l’effetto dell’energico opporsi al fluire del reale dell’eroe controcorrente, quanto invece il risultato di una spinta ulteriore e deviante, del tutto nuova. Nel suo lavoro la pittura non è più così figlia o erede della realtà, ma, al contrario, un nuovo personaggio che con il suo stesso esistere accresce le possibili realtà.

Gli oggetti che popolano la superfice delle sue opere sono così una scusa per mettere in discussione il valore conoscitivo attribuito al reale. Nella sua ricerca la pittura è infatti il soggetto nascosto dei suoi lavori, poiché medium che garantisce proprietà mutanti rispetto alla realtà. Le sue immagini sono così caratterizzate da una sintassi instabile e libera, in cui trovano posto reali contraddizioni prospettiche e silenziosi smarrimenti poetici. Pezzi di legno, superfici di marmo, bastoncini e piccoli oggetti confermano tutti insieme il fatto di non essere loro stessi, esattamente come ammoniva la scritta sotto la celebre pipa di Magritte.

Le opere dell’artista interrogano lo spettatore e lo mettono in una condizione di imbarazzo, spingendolo ad interloquire e a parlare di altro, senza che vi sia l’obbligo di coerenza rispetto all’argomento del discutere o ai limiti del contesto. I lavori di Carrara funzionano infatti come surreali dispositivi processuali che conducono alla divergenza visiva e tematica. Il titolo stesso della mostra, Il pretesto di Lotto, è testimonianza di tale modalità. Le sue opere sono state infatti la fonte di ampie discussioni su temi ed argomenti di storia dell’arte che hanno toccato frequentemente la pittura di Lorenzo Lotto. Si è parlato, ad esempio, del senso naturale/antinaturale del volo, come nella Trinità conservata al Museo Bernareggi, in cui il Cristo vola nell’aria illuminato da dietro; oppure dell’Annunciazione di Jesi, in cui l’Arcangelo è raffigurato sospeso, prima ancora di toccare terra; o ancora nella Pala Martinengo, in cui gli angeli reggono la corona della Madonna. Ignoro da cosa nasca questo spiazzante piacere intellettuale, eppure, senza nemmeno entrare nel merito della ricerca di Carrara, lì, davanti ad un biscotto e svariati caffè, parlare di altro è stato il migliore dei modi per parlare, con profondità, delle più intime ragioni della sua pratica artistica. Una pratica che è, in ultima istanza sospensione, cambiamento di direzione, trasformazione, metamorfosi.