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Tra le rose e i pavoni. Dialogo tra la principessa e il soldato

Tra le rose e i pavoni

saggio per la Settima Onda
pubblicato da Edizioni Inaudite
dicembre 2015

Michelino da Besozzo o Stefano da Zevio, Madonna del roseto, Castelvecchio,Verona
Michelino da Besozzo (attr.), Madonna del roseto, sec. XIV, tempera e oro su tavola, Museo di Castelvecchio, Verona

Tra le rose e i pavoni
Dialogo tra la principessa Voler Fissare Il Tempo
ed il soldato Anticipare Il Presente

Daniele Capra




Voler Fissare Il Tempo: Mi parlarono di te alcuni amici. Chi sei?

Anticipare Il Presente: Sono un soldato che vive qui ed ora e che crede sia necessario tentare di anticipare il pensiero e le motivazioni di quello che accadrà. Siamo infatti vittime del Futuro, che è un re buono e malefico insieme, poiché trattiene quello che è più prezioso e spreca, cancellandolo, tutto ciò che ritiene non significativo. E tu chi sei?

VFIT: Io sono una principessa che abita in un castello turrito fatto di migliaia di mattoni antichi, ciascuno dei quali racconta un pezzo di storia. La mia dimora è l’effetto dei miei desideri, perché è modellata sulle esigenze della mia corte e su quelle mie. I miei ospiti sono speciali e sono anche i padroni morali del mio castello. Che diverrà eredità al servizio degli altri.

AIP: Perché mi hai convocato?

VFIT: Perché le principesse spesso si annoiano, anche se sono in compagnia delle donne e degli uomini più intelligenti del regno. Così volli conoscerti per sentire le tue ragioni e i tuoi pensieri. Furono le Comte Guyotte de Bourgriche e l’arcivescovo Vesegeno da Zurigo a parlarmi di te. Ora voglio sapere cosa ne pensi del mio castello. Parla liberamente.

AIP: Il tuo castello è davvero molto bello ed accogliente. È una creatura complessa, fatta di un corpo centrale, di ali, di mura merlate, di stanze pubbliche e di luoghi più intimi. È un posto accogliente, in cui si nota un pensiero centrale, ma mani eterogenee. Non ne sei solo tu l’architetto, vero?

VFIT: No, non sono solo io. Mi affidai ad abili mastri di cantiere e a maestranze preparate, in modo che tutto fosse fatto a regola d’arte, dalle cucine ai saloni da pranzo, sino alle più discrete camere da conversazione privata e al mio studiolo. Ma amo pensare la mia magione come ad un porto di mare, come ad una darsena in cui si riparano le barche dopo viaggi in mari perigliosi.

AIP: Capisco. Evidentemente ti piace anche vedere i marinai a torso nudo che si arrampicano sugli alberi delle vele!

VFIT: Ma insomma! Non ti dimenticare che sono una principessa! E tu sei ospite del mio castello. E se voglio ti faccio dare in pasto agli orsi!

AIP: Non ti preoccupare Voler Fissare Il Tempo, l’orso con me diventa tranquillo come con San Romedio. Ih ih ih!

VFIT: Mmhh… Allora metti la tua lingua sulla retta via e dimmi il tuo pensiero.

AIP: Bene, sì. Però prima spiegami perché hai scelto questo nome per un castello che giace in mezzo la campagna padana, ove non mancano i fiumi, ma di sicuro sono assenti le onde che agitano il Mare Nostrum.

VFIT: Ti ho chiamato per interrogarti, non per essere interrogata, ma risponderò brevemente. Scelsi il nome Septimus Fluctus prendendo ispirazione dal nome di una canzona suonata da un gruppo di musicanti girovaghi. O forse questo è quello che voglio che i miei ospiti pensino. Poi mi piace pensare che questo loco sia identificato con una parola che parla di mare, di onde che muovono la sabbia delle coste, fiaccandosi sulla spiaggia…

AIP: La scelta del nome è molto poetica e sono felice che l’odore del mare arrivi anche nel cuore della pianura. Come dicevo prima, il tuo maniero è molto diverso dalle case che ho visto fin d’ora. Non solo perché, come tu stessa affermi, è il regno anche dei tuoi ospiti, ma perché è privo di quelle decorazioni, di quegli orpelli e di quelle mollezze che lo potrebbero far sembrare una dimora ad usum privati. Le suppellettili sono essenziali: è solo ciò che vi avviene dentro le mura ad essere importante.

VFIT: Certo. I miei spazi non sono miei, la mia casa non è la mia casa. Questo è il castello dei miei ospiti, anche quelli futuri.

AIP: Io penso però che un maniero non possa essere solo un posto in cui ci si ritrova tra amici. In questo leggo una rinuncia. È come se tu ne avessi programmato una futura spersonalizzazione, a favore degli altri. Come se ci fosse un inquieto masochismo e godessi a rinunciare ad una parte del possesso.

VFIT: Di come godo io tu non sai niente, impertinente di un soldato! Cosa vuoi saperne di cosa o come godono le principesse?

AIP: Suvvia, non ti scaldare. Benché tu possa credere di possedere il celeberrimo cunnus aureus, ho esperienza per dire che tu non sei diversa da tutte le altre donne che calcano la nostra terra! Ma mi taccio sull’argomento, ben sapendo dei capricci cui le femmine, tanto più se principesse, sono avvezze! Ih ih ih!

VFIT: Smettila! Il riso abbonda sulla bocca degli stolti! Continua invece con il tuo discorso, ma con parole più rispettose.

AIP: Va bene, proseguo. Ma tu non fermarmi con le tue osservazioni, va bene?

VFIT: Te lo concedo.

AIP: Da quello che colgo penso che la tua magione sia il tuo personale refugium peccatorum, un luogo che è per te come la tana di un animale selvatico. Pensa ad esempio ad una volpe, che trova un anfratto dove potersi riparare dalla pioggia o dagli occhi assatanati dei levrieri lanciati dai cacciatori. Ecco, questa dimora sembra per te un luogo di protezione. Ma pare anche una sorta di monumento.

VFIT: Ma ti vuoi far gioco di me? Un monumento?

AIP: Sì. Penso che questo castello, la sua corte, sia un monumento perfetto per te. C’è una sottile ambizione, sarebbe disonesto non ammetterlo.

VFIT: E quale sarebbe?

AIP: È la prova che vorresti fermare e superare il tempo che ti sarà assegnato di vivere. Che tu durerai di più, ben oltre il numero dei tuoi giorni. Il poeta latino Orazio era così ambizioso di dire che la poesia era un “monumentum aere perennius”. Ecco, tu vuoi durare, grazie alla tua casa, oltre il tuo tempo.

VFIT: Tutti lo vogliamo. Non hai detto tu stesso che il Futuro è un re insieme buono e malefico? La tua corsa quotidiana non è forse alimentata dalla necessità di anticipare Cronos per evitare che deglutisca tutto?

AIP: Può sembrare così, ma per me è differente. Ciò che temo non è il tempo, ma la mancanza di intensità e di bellezza. Io desidero occuparmi di quello che fa battere più rapidamente, o in maniera estremamente più lenta, il cuore. Del resto non mi curo. Da come agisci, io capisco invece come tu tenda alla solitudine malinconica, anche all’interno della tua corte, con il rischio di trasformare il tuo castello in una prigione dorata che ti sei per di più costruita da sola.

VFIT: Tu esageri. E la tua mediocre sensibilità ti mette nella condizione di dire cose spiacevoli e che feriscono i tuoi interlocutori.

AIP: Tu mi hai chiesto di parlare liberamente ed io manterrò la parola data. Vuoi forse negare di sentirti la principessa in un hortus conclusus? La principessa che Michelino da Besozzo dipinse tra magnifici pavoni dalle piume cangianti circondata dalle rose e dall’oro di una pittura minuziosa?

VFIT: Anticipare Il Presente, tu sei soldato e sei abituato a dormire in un giaciglio all’addiaccio. Io, invece, sono principessa ed abbisogno di cuscini e di rose per passare le notti. Mi stupisco che tu non lo intenda.

AIP: Lo capisco. Solo che tu mi hai chiesto di dire quello che pensavo. E talvolta, a dire ciò che si pensa, si diventa scortesi, tanto più se si è con una principessa abituata ai più dolci zuccherini.

VFIT: Ti perdono. Ma ti prego: lascia il mio castello. Vai via e non dire niente a nessuno della nostra conversazione. Ho già dato disposizione ai miei inservienti di predisporre un cavallo all’uopo. Non riferire a nessuno che abbiamo avuto questa conversazione. Addio.

AIP: E tu non dici più niente? Che effetto ti fanno le mie parole?

VFIT: Addio.

AIP: Addio.