Linda Carrara / Mariteresa Sartori

Espoarte, n. 105, aprile 2019, ISSN 2035-9772




Linda Carrara. Pittura allo specchio
Daniele Capra


La ricerca artistica di Linda Carrara si presenta bifronte come la testa di Giano, rivolgendo lo sguardo, in maniera simmetrica ed antitetica, sia all’osservatore sia allo stesso esercizio della pittura. Il soggetto, la struttura compositiva, i gesti e i processi che costituiscono l’atto pittorico sono nel suo caso indirizzati ad indagare le ragioni più intime dell’azione stessa del dipingere. L’artista convoca cioè la pittura allo specchio e le chiede di riferire di se stessa, attraverso un’analisi caratterizzata dalla scomposizione dei processi in azioni minime nelle quali il pigmento viene distribuito, qualunque esso sia, su una superficie bidimensionale.

Linda Carrara, False Carrara marble, 2016, acrilico e pigmento compresso su carta, 150 x 200 cm
Quella di Carrara è, inoltre, una pittura caratterizzata da una profonda tensione sperimentale finalizzata a ridiscutere le griglie interpretative con cui siamo soliti leggere/interpretare il mondo – attraverso le immagini che di esso continuamente abbiamo – e a sovvertire gli stereotipi della rappresentazione, oltre che le modalità con cui essa avviene. I suoi marmi o i suoi frottage sono infatti un esempio del suo procedere non per costruzione additiva ma per calco, lasciando che sia la realtà a depositarsi sulla superficie in forma non mediata (ad esempio per affioramento o per sfregamento). La sparizione del soggetto agisce, in questo modo, liberando la pittura dalle proprie funzioni oggettuali o simboliche, a favore di una pratica basata sulla gestione della casualità dei componenti costitutivi.
Le sue opere su tela, carta, ma anche su legno massiccio sono rivolte a percorrere i confini entro cui la pittura può avere ragioni per esistere, chiedendo all’osservatore di soprassedere ai comodi stereotipi con cui è solito interpretare il mondo per avere in cambio un dubbio concreto e rischioso. La sua pittura diventa così all’istante problema, metapittura e, in ultima istanza, dilemma metafisico.




Mariateresa Sartori. Topologia del segno
Daniele Capra


Una parte significativa della pratica artistica di Mariateresa Sartori è caratterizzata dall’impiego di metodologie per tradurre/trascrivere in forma visiva concetti, stati emotivi, percorsi di cammino effettuati, fenomeni di carattere sonoro (come una canzone, il suono dello sciabordio delle onde, ecc…). Con tale modalità viene attuata un’azione di riversamento su una superficie visibile – frequentemente la carta – di eventi registrati/prelevati nel passato sotto forma di un campionamento, rispetto ai quali l’artista, attraverso il suo stesso corpo, ha una funzione non dissimile a quella del pennino di un sismografo che registra i movimenti tellurici sotto forma di un tracciato, benché l’intensità e l’orizzonte temporale degli eventi siano evidentemente tradotti con una misurazione del tutto soggettiva ed intima.

Mariateresa Sartori, Il Progressivo, La Quarta Sinfonia di Brahms, 2013, graffito su smalto, 370 x 440 cm, vista dell’installazione, Galleria Michela Rizzo, Venezia
In Il tempo del suono. Onde (2018) Sartori, sulla spiaggia, cerca di sincronizzare il movimento della propria mano sulla carta con il suono prodotto dal mare, con un approccio non differente da quello del signor Palomar che Calvino descrive intento a cogliere il profilo di un’onda con i propri occhi. È un tentativo che si rivela intimamente utopico ed evidentemente destinato all’insuccesso, sul quale l’artista avverte ciononostante la necessità di trasferire la carica concettuale/ideale del proprio sforzo.
Il Progressivo. La Quarta Sinfonia di Brahms (2013) nasce dalla definizione che Schoenberg diede al processo compositivo brahmsiano, basato sul costante impiego della variazione, capace di generare progressivamente ulteriori contenuti. L’artista realizza così, ascoltando proprio quella stessa sinfonia, un’opera di grande dimensioni in cui il segno si sviluppa e si dirama come le propaggini di un albero che cresce, in una forte continuità tra interpretazione testuale e vissuto individuale. La musica, nelle pieghe della sua struttura trans-temporale vissuta, diventa così percorso, traccia, fenomeno interiore di topologia del segno.