Drawing A Video
Matteo Fato, Emanuele Kabu, Laurina Paperina

Ein Hod, Haifa (IL), Janco Dada Museum
maggio ― agosto 2010

Il testoGli artisti
Disegnare un video
Daniele Capra




Al contrario di quanto avremmo potuto immaginare solo negli anni Novanta – caratterizzati da una grande attenzione ai nuovi media, dall’analisi del posthuman e di altre tendenze ormai categorizzate dalla storia – la pratica del disegno è uscita rinvigorita nell’ultimo decennio. Non si è trattato semplicemente di una ritualizzazione, simile a quanto era capitato ad esempio con la pittura negli anni Ottanta, bensì di una vera e propria nascita, con delle conseguenze molto feconde.

Il fattore chiave di questo fenomeno è la consapevolezza che ha portato, non solo nel ristretto ambito dell’arte concettuale, al pieno riconoscimento del disegno come opera: è maturata cioè la convinzione che il disegno non sia più solo semplice lavoro preparatorio o strumentale, ma prodotto finale. Come cioè riconosciuto dalla comunità di artisti, critici, galleristi e collezionisti, il disegno ha abbandonato i propri abiti servili per acquisire la status di opera diventando compiutamente medium, nelle sue differenti declinazioni che spaziano dal lavoro su carta ai muri della street art.

Parallelamente l’uso nelle nuove tecnologie e la disponibilità di applicazioni elettroniche ha incrementato notevolmente le possibilità espressive in mano agli artisti, che hanno sperimentato nuovi strumenti prima impensabili, tra cui la possibilità di ricorrere al disegno anche in forma digitale. Se ovviamente un allargamento degli strumenti non coincide necessariamente con una forma democratica o con una crescita di qualità, strumenti tecnicamente complessi come il video sono diventati facilmente a portata di mano per gli artisti, che hanno avuto molta più facilità nella gestione dell’immagine in movimento.

Tra i più interessati alla possibilità di mettere in pratica le interazioni tra disegno e video vi sono in particolare molti artisti nati negli anni Settanta, che hanno fatto ricorso alla tecnologia disponibile impiegando e recuperando modalità per lo più utilizzate dai cartoonists in voga nell’animazione di scuola americana e giapponese, conosciute direttamente per televisione sin da bambini. Non è infatti fattore secondario la naturalezza dell’approccio dovuta alla forte familiarità con queste tradizioni, che hanno portato l’immaginario infantile di un’intera generazione ad essere frequentemente solleticato dalla presenza di linee o altri elementi colorati in movimento.

Le opere di Matteo Fato, Emanuele Kabu e Laurina Paperina – tra i più interessanti videoartisti del panorama italiano – dimostrano quanto nella nostra contemporaneità il disegno possa essere fonte inesauribile e in grado di concedere il massimo grado di libertà espressiva. Benché ciascun artista abbia un approccio differente (che potremmo agilmente sintetizzare nelle polarità poetico-riflessivo, naif, splatter), sono accomunati da una forte tensione ad impiegare, seppure in forma differente, gli elementi caratteristici del medium. Sia nella loro valenza classica e descrittiva (come ad esempio nell’essenzialità della linea o nella capacità di cogliere l’addensarsi di ombra e luce), che, al contrario, per gli aspetti antiaccademici e pop (colori piatti, tinte acidi, assenza di chiaroscuro, ecc.). È il segno comunque ad accomunarli, il fatto cioè che ogni fotogramma dei loro video sia, pensato e creato – in forma tradizionale o digitale – costruendo ed intessendo linee, figure geometriche, vuoti e pieni. Tutto il resto nasce dopo, germogliando dal movimento delle mani, tanto sul foglio che sulla tavoletta grafica del computer: il pensiero si forma cioè successivamente, si stratifica dopo che la linea ha lasciato il segno evidentemente della sua presenza. “La vita è una linea, il pensiero è una linea, l’azione è una linea. Tutto è linea. La linea congiunge due punti. Il punto è un istante, la linea comincia e finisce in due istanti” [*]. E questi istanti, messi l’uno di seguito all’altro, ci concedono agli occhi l’incanto misterioso e seducente, intimo e fragile, della bellezza.




[*] Manlio Brusatin, Storia delle linee, Einaudi, Torino, 1993-2001, p. 5.

Gli artisti
Daniele Capra




Matteo Fato
La ricerca di Matteo Fato nasce da una riflessione sugli aspetti meno terreni del disegno. La sua sensibilità alla forma si sviluppa nella dolcezza delle linee e nella possibilità di creare immagini senza mai staccare il pennello, con modalità non dissimili da quelle della calligrafia orientale. Il bianco e il nero, tanto negli inchiostri su carta che nei suoi video, si equilibrano, si ricercano e si fondono, ordinati da un pensiero che ha assorbito sia gli stimoli della storia dell’arte che le istanze della poesia lirica.


Emanuele Kabu
È un immaginario delicato e per certi aspetti sensibile alla tradizione hippy e lisergica quello che propone Emanuele Kabu. Protagonisti sono frequentemente animali e figure antropomorfe che si muovono tra elementi geometrici e campiture pulsanti dai colori sfumati. I suoi video sono storie fantastiche in cui la musica assume un valore fondamentale, che val al di là del semplice commento sonoro. Le sue sono favole incantate, sebbene non manchi talvolta la crudezza, e l’elemento trascinante è il sogno.


Laurina Paperina
Acida, cattiva, dissacrante, politically uncorrect. Sono le cifre stilistiche di Laurina Paperina, che diverte mettendo insieme riflessione sull’arte e sul suo mondo di invidie e rivalità, ma anche riflessioni taglienti sulla religione ed il suo moralismo talvolta bigotto. Il segno è insicuro, decisamente lo-fi, a tal punto che i personaggi vibrano). I suoi personaggi sono scorretti e maleducati e fanno tutto quello che si vorrebbe non fare. Eppure, in quel mondo splatter e volgare, ci si riconosce perfettamente. Ridendo.