Extra Ordinario
Vulcano, Venezia Mestre
settembre ― novembre 2020
Il progettoArte e impresa
Cose non ordinarie
Daniele Capra & Nico Covre
Extra Ordinario nasce dalla collaborazione di Vulcano con i giovani artisti che sono parte dell’Atelier F come naturale risposta alla condizione di isolamento sofferto dalle persone nella primavera del 2020, segnata dall’epidemia di Covid-19. Il progetto, costituito da un workshop e una mostra di pittura ospitati negli spazi dell’agenzia creativa a Marghera, ha preso forma dalla necessità di attivare, con la massima urgenza, nuovi contesti in cui l’esperienza creativa possa germogliare, svilupparsi e radicarsi. Extra Ordinario mette al centro le persone, le loro relazioni e la ricerca individuale quali fondamentali elementi operativi per agire nel presente, opponendo l’energia del fare alla condizione di attesa e passività che ha caratterizzato gli scorsi mesi di segnati dal lock down, anche in ambito culturale e formativo.
Extra Ordinario Workshop è un laboratorio di pittura animato dall’Atelier F, un collettivo informale di artisti che condividono prospettive e approcci sulla base di un percorso di ricerca che mette insieme differenti generazioni (lo frequentano sia giovani studenti che artisti già riconosciuti sul panorama internazionale). Per oltre quaranta giorni i partecipanti hanno svolto liberamente la propria indagine, facendo degli spazi di Vulcano il proprio studio, l’ambiente comune di riferimento e di confronto con i colleghi. Il workshop – che idealmente porta avanti l’attività di Laboratorio Aperto, svoltosi dal 2009 al 2019 a Forte Marghera grazie all’impegno dei docenti Carlo Di Raco e Martino Scavezzon – è finalizzato ad attivare gli aspetti processuali dell’esperienza creativa attraverso il dialogo tra artisti.
Extra Ordinario Appello mette a confronto una ventina di giovani artisti dell’Atelier F che hanno terminato gli studi diplomandosi nell’estate del 2020. La mostra raccoglie un’ottantina di opere – su tela, tavola, carta nonché dei libri d’artista – che narrano differenti modi espressivi che spaziano dalla figurazione alla pittura processuale, dall’astrazione alla riflessione metapittorica. L’esposizione è infatti un articolato e sorprendente congegno visivo che si sviluppa in un gioco continuo di affinità, differenze, rimandi e contrasti. Extra Ordinario Appello (al cui allestimento hanno partecipato i collaboratori di Vulcano) sintetizza così il percorso d’indagine di ciascun artista con lavori eseguiti negli ultimi mesi, che sono stati allestiti in un processo collettivo dell’Atelier F coadiuvato dai docenti e dai curatori: ogni scelta è stata infatti frutto di una continua condivisione e di un confronto incalzante.
Il progetto Extra Ordinario è in ultima istanza un’operazione corale e sfaccettata mirata a restituire uno spazio di esperienza diretta con l’opera e i processi creativi che l’hanno generata. Un appello militante – rivolto ai cittadini, al mondo dell’impresa e della cultura – alla meraviglia e all’irrefrenabile vitalità dell’arte del nostro tempo.
Daniele Capra & Nico Covre
Extra Ordinario nasce dalla collaborazione di Vulcano con i giovani artisti che sono parte dell’Atelier F come naturale risposta alla condizione di isolamento sofferto dalle persone nella primavera del 2020, segnata dall’epidemia di Covid-19. Il progetto, costituito da un workshop e una mostra di pittura ospitati negli spazi dell’agenzia creativa a Marghera, ha preso forma dalla necessità di attivare, con la massima urgenza, nuovi contesti in cui l’esperienza creativa possa germogliare, svilupparsi e radicarsi. Extra Ordinario mette al centro le persone, le loro relazioni e la ricerca individuale quali fondamentali elementi operativi per agire nel presente, opponendo l’energia del fare alla condizione di attesa e passività che ha caratterizzato gli scorsi mesi di segnati dal lock down, anche in ambito culturale e formativo.
Extra Ordinario Workshop è un laboratorio di pittura animato dall’Atelier F, un collettivo informale di artisti che condividono prospettive e approcci sulla base di un percorso di ricerca che mette insieme differenti generazioni (lo frequentano sia giovani studenti che artisti già riconosciuti sul panorama internazionale). Per oltre quaranta giorni i partecipanti hanno svolto liberamente la propria indagine, facendo degli spazi di Vulcano il proprio studio, l’ambiente comune di riferimento e di confronto con i colleghi. Il workshop – che idealmente porta avanti l’attività di Laboratorio Aperto, svoltosi dal 2009 al 2019 a Forte Marghera grazie all’impegno dei docenti Carlo Di Raco e Martino Scavezzon – è finalizzato ad attivare gli aspetti processuali dell’esperienza creativa attraverso il dialogo tra artisti.
Extra Ordinario Appello mette a confronto una ventina di giovani artisti dell’Atelier F che hanno terminato gli studi diplomandosi nell’estate del 2020. La mostra raccoglie un’ottantina di opere – su tela, tavola, carta nonché dei libri d’artista – che narrano differenti modi espressivi che spaziano dalla figurazione alla pittura processuale, dall’astrazione alla riflessione metapittorica. L’esposizione è infatti un articolato e sorprendente congegno visivo che si sviluppa in un gioco continuo di affinità, differenze, rimandi e contrasti. Extra Ordinario Appello (al cui allestimento hanno partecipato i collaboratori di Vulcano) sintetizza così il percorso d’indagine di ciascun artista con lavori eseguiti negli ultimi mesi, che sono stati allestiti in un processo collettivo dell’Atelier F coadiuvato dai docenti e dai curatori: ogni scelta è stata infatti frutto di una continua condivisione e di un confronto incalzante.
Il progetto Extra Ordinario è in ultima istanza un’operazione corale e sfaccettata mirata a restituire uno spazio di esperienza diretta con l’opera e i processi creativi che l’hanno generata. Un appello militante – rivolto ai cittadini, al mondo dell’impresa e della cultura – alla meraviglia e all’irrefrenabile vitalità dell’arte del nostro tempo.
Luoghi, spazi e agire collettivo
Daniele Capra
Reciproci pregiudizi
Il rapporto tra arte contemporanea e impresa è frequentemente viziato da due pregiudizi che riguardano entrambi gli attori in campo. E sono preconcetti che diventano spesso degli ineludibili limiti ideologici in grado di minare l’efficacia delle interazioni, rendendole frettolose e superficiali per entrambi, e sovente non produttive. Il primo, da parte del mondo dell’arte, riguarda il fatto che l’azienda è percepita esclusivamente come un fornitore di materiali o un mecenate disinteressato, come se i contenuti dell’azienda o quelli stessi dell’arte non avessero alcun tipo di relazione. Il secondo, da parte aziendale, è basato sul percepire l’arte come un plus che riguarda esclusivamente il marketing, le modalità comunicative e il benessere dei dipendenti, senza immaginare come invece essa possa interagire con i contenuti aziendali, la forme organizzative o le modalità con cui nelle imprese si perseguono i propri obbiettivi.
La necessità di contaminarsi
Entrambi i pregiudizi sono originati da una conoscenza non approfondita dei due attori in campo e da un approccio ai rispettivi ambiti operativi in una modalità eccessivamente settoriale. Tali limiti fanno dell’azienda e degli artisti due elementi giustapposti, ciascuno dotato di un proprio sistema di riferimento, di capacità ideative, tecniche o estetiche, ma che, quando sono assieme, agiscono per semplice affiancamento, poiché ciascuna parte persegue i propri obbiettivi. In questo modo sono del tutto anestetizzate le potenzialità di innesco che potrebbero nascere dall’interazione, dalla reale contaminazione tra i due agenti, ciascuno dei quali è in qualche modo prigioniero della propria settorialità, dell’iperspecializzazione che ci rende comprensibili solo a chi parla esattamente la nostra lingua (questa è forse anche l’eredità del nostro sistema formativo in cui vige una rigida suddivisione, non più accettabile, tra discipline tecniche e humanities).
Cambiamenti di scenario
Il progetto Extra Ordinario nasce proprio dalla necessità di contaminarsi, a partire, occorre ammetterlo, dall’impasse dovuta al Covid-19. Da un lato gli studenti del corso di pittura dell’Atelier F dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, tenacemente pungolati dal professor Carlo Di Raco, non dispongono più degli atelier poiché l’istituzione ha deciso di svolgere i corsi on-line, non consentendo ai giovani artisti di avere uno spazio di lavoro fisico (come può un giovane pittore lavorare senza un luogo in cui svolgere la propria ricerca, disponendo a malapena di un appartamento a Venezia condiviso con altri giovani studenti?). Dall’altra parte due grandi spazi nella disponibilità dell’agenzia creativa Vulcano nel complesso del Vega, a Marghera: uno è la sede dell’azienda, l’altro una recente acquisizione in attesa di una nuova destinazione d’uso. Ma all’improvviso gli spazi si svuotano, nessuno va in ufficio poiché il Covid-19 ha costretto i collaboratori a lavorare da casa. E questo fa scaturire una domanda: cosa fare in uno spazio vuoto nel momento in cui il lavoro appare così frazionato spazialmente e temporalmente?
La necessità di stare insieme
Extra Ordinario è così un progetto in cui si mescolano gli ingredienti, la fisicità degli spazi, il tempo degli artisti e quello dei collaboratori/clienti di Vulcano, che lavorano circondati dalle opere (nella sede in cui è ospitata la mostra dei diplomati che hanno appena terminato gli studi) o passeggiano sotto le volte di capannone industriale guardando con curiosità come esse nascono, cambiano, si evolvono (negli spazi del workshop). Ma nel contempo è un percorso in cui anche i giovani artisti, oltre a realizzare le opere, sono invitati a spiegare e rendere intellegibili i propri criteri operativi, motivare le proprie scelte espressive nelle letture di portfolio, negli incontri con gli art director o nelle visite di galleristi, curatori e collezionisti. Si rompe così un doppio isolamento, quello aziendale e quello dell’artista nel proprio studio. Mai come ora serve ridare vita, con la massima urgenza, a luoghi e situazioni in cui l’esperienza creativa possa svilupparsi, crescere, diffondersi. Con progetti a più mani, frutto di un pensiero e di un agire collettivo.
Daniele Capra
Reciproci pregiudizi
Il rapporto tra arte contemporanea e impresa è frequentemente viziato da due pregiudizi che riguardano entrambi gli attori in campo. E sono preconcetti che diventano spesso degli ineludibili limiti ideologici in grado di minare l’efficacia delle interazioni, rendendole frettolose e superficiali per entrambi, e sovente non produttive. Il primo, da parte del mondo dell’arte, riguarda il fatto che l’azienda è percepita esclusivamente come un fornitore di materiali o un mecenate disinteressato, come se i contenuti dell’azienda o quelli stessi dell’arte non avessero alcun tipo di relazione. Il secondo, da parte aziendale, è basato sul percepire l’arte come un plus che riguarda esclusivamente il marketing, le modalità comunicative e il benessere dei dipendenti, senza immaginare come invece essa possa interagire con i contenuti aziendali, la forme organizzative o le modalità con cui nelle imprese si perseguono i propri obbiettivi.
La necessità di contaminarsi
Entrambi i pregiudizi sono originati da una conoscenza non approfondita dei due attori in campo e da un approccio ai rispettivi ambiti operativi in una modalità eccessivamente settoriale. Tali limiti fanno dell’azienda e degli artisti due elementi giustapposti, ciascuno dotato di un proprio sistema di riferimento, di capacità ideative, tecniche o estetiche, ma che, quando sono assieme, agiscono per semplice affiancamento, poiché ciascuna parte persegue i propri obbiettivi. In questo modo sono del tutto anestetizzate le potenzialità di innesco che potrebbero nascere dall’interazione, dalla reale contaminazione tra i due agenti, ciascuno dei quali è in qualche modo prigioniero della propria settorialità, dell’iperspecializzazione che ci rende comprensibili solo a chi parla esattamente la nostra lingua (questa è forse anche l’eredità del nostro sistema formativo in cui vige una rigida suddivisione, non più accettabile, tra discipline tecniche e humanities).
Cambiamenti di scenario
Il progetto Extra Ordinario nasce proprio dalla necessità di contaminarsi, a partire, occorre ammetterlo, dall’impasse dovuta al Covid-19. Da un lato gli studenti del corso di pittura dell’Atelier F dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, tenacemente pungolati dal professor Carlo Di Raco, non dispongono più degli atelier poiché l’istituzione ha deciso di svolgere i corsi on-line, non consentendo ai giovani artisti di avere uno spazio di lavoro fisico (come può un giovane pittore lavorare senza un luogo in cui svolgere la propria ricerca, disponendo a malapena di un appartamento a Venezia condiviso con altri giovani studenti?). Dall’altra parte due grandi spazi nella disponibilità dell’agenzia creativa Vulcano nel complesso del Vega, a Marghera: uno è la sede dell’azienda, l’altro una recente acquisizione in attesa di una nuova destinazione d’uso. Ma all’improvviso gli spazi si svuotano, nessuno va in ufficio poiché il Covid-19 ha costretto i collaboratori a lavorare da casa. E questo fa scaturire una domanda: cosa fare in uno spazio vuoto nel momento in cui il lavoro appare così frazionato spazialmente e temporalmente?
La necessità di stare insieme
Extra Ordinario è così un progetto in cui si mescolano gli ingredienti, la fisicità degli spazi, il tempo degli artisti e quello dei collaboratori/clienti di Vulcano, che lavorano circondati dalle opere (nella sede in cui è ospitata la mostra dei diplomati che hanno appena terminato gli studi) o passeggiano sotto le volte di capannone industriale guardando con curiosità come esse nascono, cambiano, si evolvono (negli spazi del workshop). Ma nel contempo è un percorso in cui anche i giovani artisti, oltre a realizzare le opere, sono invitati a spiegare e rendere intellegibili i propri criteri operativi, motivare le proprie scelte espressive nelle letture di portfolio, negli incontri con gli art director o nelle visite di galleristi, curatori e collezionisti. Si rompe così un doppio isolamento, quello aziendale e quello dell’artista nel proprio studio. Mai come ora serve ridare vita, con la massima urgenza, a luoghi e situazioni in cui l’esperienza creativa possa svilupparsi, crescere, diffondersi. Con progetti a più mani, frutto di un pensiero e di un agire collettivo.
Il testo è stato pubblicato da VeneziePost nell’edizione del 3 ottobre 2020.