Giovanni Morbin, Slaven Tolj
Intermezzo

Trieste Contemporanea, Trieste
ottobre ― dicembre 2021

Daniele Capra




Intermezzo presenta una decina di opere che spaziano dalla scultura al video, dall’intervento site-specific alla performance. La mostra analizza come l’opera possa essere intesa quale elemento interstiziale di relazione tra il corpo dell’artista e il contesto in cui si manifesta. Nel linguaggio teatrale l’intermezzo è un intervallo di pausa che segna la divisione tra più parti di una rappresentazione o di uno spettacolo, e viene considerato quale elemento di interruzione del flusso narrativo: è una parentesi transitoria che prevede la sospensione della finzione e segna momentaneamente il ritorno alla realtà del quotidiano. È uno spazio breve di ibridazione in cui lo spettatore avverte la sovrapposizione tra la scrittura di finzione dell’opera e quella della propria vita (realizzata dalla realtà, dal proprio sistema di relazioni, dall’ideologia, dal contesto). Intermezzo sottolinea come l’opera, tanto più nel caso di autori che praticano la body art e la performance come Morbin e Tolj, sia un habitus incerto e aperto, uno spazio di mediazione e di frontiera, ma anche di straniamento, poiché lo spettatore non sempre conosce le convenzioni che in quel contesto si praticano o ha consapevolezza di ciò che sta accadendo. Nel suo essere elemento di mezzo tra le istanze espressive e l’ambiente in cui si muove lo spettatore, l’opera diventa una sorta di seconda pelle, dotata anche di funzioni espressive. Essa riveste e tiene al caldo gli aspetti più intimi e complessi del soggetto, ma, contemporaneamente, veicola all’esterno le percezioni e l’energia fisica e psichica che possiede.


La ricerca di Giovanni Morbin è caratterizzata dall’analisi del comportamento e della postura, dell’ingombro, della presenza del corpo e delle sue proiezioni all’esterno attraverso la performance e la scultura. Nella serie Non sto più nella pelle, l’artista sposta sulla superficie esterna porzioni significative del proprio corpo, realizzando degli autoritratti concettuali grazie all’impiego dei propri fluidi ematici: in tale modo il suo corpo prende una forma liquida e diventa intimamente elemento di scrittura, di segno e disegno, ma anche di traslazione del proprio volume al di fuori del proprio corpo. Scultura sociale è un’opera in costante divenire costituita da elementi modulari semisferici in metallo, liberamente componibili, che si mettono in relazione con l’esistente, potendo accoppiarsi con sedie, tavoli, porte, armadi, o qualsiasi altro oggetto. È una scultura “sociale” proprio per la sua capacità di introdursi in un contesto e interagire con esso in forma funzionale e visiva, essendo capace, anche ironicamente, di attaccare bottone spontaneamente con l’esistente.


La pratica di Slaven Tolj è frutto di un profondo scavo interiore, in cui sono frequentemente fusi elementi della vita personale dell’autore e lucida analisi del contesto socio-politico, che vengono condensati nella forma della performance e della scultura. The site of the stroke è un ready-made dal sapore esistenzialista costituito un abito da uomo di taglio sartoriale che è stato reso sostanzialmente inservibile, poiché molte delle aperture sono state cucite con del filo rosso: è uno spazio vuoto, un volume che è dotato di forma ma non riesce ad avere una funzione poiché un vincolo (visibile) lo blocca, riconducendolo a essere un complemento, un oggetto che non produce effetto, come spesso capita agli uomini nelle questioni più salienti della propria vita. L’opera A tattoo of the logo of the Museum of Modern and Contemporary Art Rijeka è stata realizzata nelle settimane successive alla sua nomina a direttore del MMSU, quando Tolj decide di farsi tatuare sulle spalle il logo del museo. È un’opera intima e insieme sottilmente politica rispetto alla condizione di essere artista e al sistema dell’arte. L’artista testimonia infatti da un lato il suo totale impegno personale verso il nuovo ruolo istituzionale; ma anche il fatto che, in qualità di artista, spesso i musei sono un marchio e un metro di giudizio rispetto alla significatività del proprio lavoro durante la propria carriera.