Enzo Cucchi / Nebojša Despotović
La pelle del serpente

Treviso, TRA
March ― May 2015

La pelle del serpente
Daniele Capra




La pelle del serpente è un’indagine mirata a sviscerare le potenzialità rigenerative che la pittura possiede rendendo manifeste le istanze grazie alle quali tale disciplina continuamente evolve/muta la propria forma e la propria grammatica, alla ricerca di nuovi equilibri visivi che ancora sfuggono alla realtà che siamo in grado di percepire. Al contempo essa nasce dalla necessità di porre in essere di una contaminazione intellettuale tra due poetiche: una segnata da una matura ricerca che si esprime con un simbolismo ermetico ed un tratto nervoso, energico e vitale; l’altra caratterizzata da una malinconica introspezione in cui la realtà trasfigura in visione metafisica ed inquietudine psichica.

La pelle del serpente esemplifica come la pittura sia tentativo, sforzo e prova che si condensano sulla superficie nel tentativo romantico – non negli esiti o nella poetica, ma nello slancio – di superare lo status quo, di liberarsi dalle secche in cui il presente ci incaglia. È un esercizio continuo di equilibrismo e di coraggio, di capacità di calcolo e desiderio di spingersi più in là. Ed è l’artista stesso che mira a superarsi senza ripetersi, finanche ad arrivare alla distruzione, praticando una feroce selezione tra ciò che abortisce in un fiotto di sangue morto e quello che invece ha la forza di vivere e di crescere, una volta espulso e messo al mondo.

In La pelle del serpente gli artisti si sono spinti all’elaborazione di soluzioni visive non ordinarie e non precostituite, in maniera tale da poter liberamente declinare la pratica pittorica con modalità estensive ed eversive. L’incisività della mostra nasce proprio dalla ricerca delle evoluzioni polimorfiche in grado di germinare dalla combinazione di fantasia, istanze espressive, struttura architettonica dello spazio.

Gli artisti de La pelle del serpente praticano una pittura di fantasia, che mira cioè a costruire pezzi di realtà immaginifica in attrito con quella che noi per convenzione siamo soliti chiamare fenomenologicamente realtà. Ma, allo stesso tempo, la loro pittura è una lotta tra l’incisività dell’idea primigenia e la necessità intima di ri-metabolizzazione e di ri-stesura. È nel reiterato ri-scrivere, nel cambiare i particolari, nell’aggiungere sfumature, che avviene il processo di metabolismo autoriale, con il rischio che il mestiere prevarichi sulla forza espressiva. Poiché l’artista non deve scordarsi di come sia necessario prestare attenzione a non farsi condurre dalla pittura – che  è una bestia feroce – ma deve rivendicare la sua propria autonomia. Che si sostanzia nella capacità di autodisciplinarsi e di fare tabula rasa, ma anche nella violenza di cancellare e distruggere.

La pittura è pratica che prosegue per continue germinazioni, portandosi in dote tutto quello che intenzionalmente lei stessa ha lasciato alle spalle. La pittura è esercizio quotidiano che ingloba e si appropria degli stimoli del mondo per sintetizzarne, in maniera alchemica e oscura, l’energia psichica. La pittura è infinite pagine scritte a matita con la mano destra mentre la sinistra ne cancella progressivamente le parole. La pittura è pratica bidimensionale che usa qualsiasi tipologia di spazio e supporto, anche quando esso è in intima contraddizione con le sue definizioni e le sue regole. La pittura è come la pelle di un serpente che ad ogni stagione prende nuova forma, abbandonando il disegno della vecchia epidermide e le trame dell’animale passato per lasciare spazio alla foggia del nuovo essere destinato a prenderne il posto. La pittura è pratica mentale platonica di impossessamento di una superficie da dipingere, la quale rimane in attesa dell’artista per essere visibile e fecondata.

La pittura può essere la carta ricucita di un paravento, la tavoletta da viaggio che si può portare con sé (come non era infrequente nel Quattrocento e nel Cinquecento con immagini sacre e ritratti di amanti), la tela sospesa che va guardata frontalmente oppure la tenda cangiante che lascia passare la luce dalle finestre. Ma, in maniera estensiva, anche un’opera tridimensionale può essere il risultato della metabolizzazione degli stimoli esplorativi da parte dell’artista, in un’irrefrenabile tendenza al trasformismo e al cambio di identità. Pittura è anche un bassorilievo consunto o una scultura su bronzo che traccia geometrie inattese all’interno di uno spazio infinitamente più grande delle proprie dimensioni.

(EC) La pittura è indagine, di natura figurativa, che coniuga sintetici elementi simbolici. La figura umana stilizzata, gli animali, i teschi e gli occhi diventano elementi ricorrenti nelle opere, nelle quali assumono la funzione di punti di gravitazione iconica che attraggono lo sguardo. La pittura è animare i lavori con un uso spiazzante del colore e con titoli che costituiscono un beffardo e tagliente contrappunto dialettico alle inconciliabili bassezze e alle alture del mondo.

(ND) Ma la pittura nasce anche dalla manipolazione della memoria e delle immagini attraverso lo studio della figura umana, del paesaggio e della natura morta. La pittura rivela un mondo altro in cui la realtà osservata, quella delle immagini, trasfigura in visione metafisica ed inquietudine psichica. La pittura è malinconica introspezione che smonta l’immaginario del passato, lo elabora e lo defeca nel mondo.

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