Lorenzo Aceto
alba adriatica

Spazio Sei, Pescara
giugno — settembre 2023

alba adriatica
Daniele Capra




La personale di Lorenzo Aceto alba adriatica raccoglie una dozzina di opere realizzate recentemente dall’artista. Il progetto, il cui titolo deriva dal nome di una cittadina abruzzese, allude all’idea di rinascita ed è scaturito in maniera impetuosa dalle vicende di particolare intensità emotiva vissute personalmente da Aceto, colpito a breve distanza dal lutto dei genitori e dalla felice nascita di un figlio. Nel giro di poche settimane l’artista passa da una condizione di malinconia e dolore, causate dalla perdita, alla dolcezza di una nuova vita che si presenta al mondo. La gioia si mischia così con la nostalgia e si confonde con il peso gravoso del lutto, in uno stato di grande instabilità di sentimenti. Aceto mette in luce attraverso questo progetto il senso di fragilità e l’incertezza della condizione umana, in uno continuo alternarsi di antitetiche pulsioni.


La pratica dell’artista è caratterizzata dall’uso quasi esclusivo del medium pittorico e da una figurazione essenziale, costituita da pennellate sintetiche e virili. La natura e gli animali sono i soggetti ricorrenti delle sue opere, spesso collocati in paesaggi desertici, oscuri ed enigmatici. Le opere in mostra spaziano dalla pittura a olio all’acquerello, da disegni su carta al video, con lavori a carboncino, asciutti ed essenziali, che si mescolano a dipinti di grande dimensioni e ad acquerelli più liberi. I soggetti dipinti sono spogliati da ogni enfasi rappresentativa e vivono sulla superficie in maniera ambivalente, fissati da taglienti segni neri o quasi liberati da colori eterei che si liquefanno.


Plinio il Vecchio, nella Storia naturale, riporta l’aneddoto secondo cui la pratica della pittura sia nata da un’intuizione di Calliroe, che è forse la prima artista donna ricordata nella storia. Grazie a una lampada, Calliroe aveva tracciato sul muro il profilo del proprio amante, usando un carboncino, prima che egli partisse per un lungo viaggio. Quel ritratto, quel segno scuro sulla superficie sostituiva, almeno in parte, l’amato. Era cioè la traccia di un suo passaggio, di una sua presenza precedente, e, nella sua riconoscibilità, quel profilo era capace di evocare l’esistenza dell’amato al di là del luogo fisico in cui egli stesse in quel momento. L’asciutto ritratto abbozzato dall’artista greca raccontava infatti che, in qualche modo, era possibile sdoppiarsi, essere in più luoghi nello stesso momento, almeno idealmente. La pittura, infatti, consentiva di evocare visivamente ed emotivamente presso la propria casa una persona che la realtà concreta delle cose negava in maniera incontrovertibile.


Il racconto di Plinio, evidentemente non d’impronta realista, testimonia però un aspetto di particolare riguardo. Il fatto cioè che pittura possa essere nata da una mancanza, per presenziare in luogo di altri, e, nella sua fisicità, per ripianare il dolore di una separazione che altrimenti sarebbe difficilmente tollerabile. Il dipinto occupa infatti il posto di qualcosa che momentaneamente (o in assoluto?) non è con noi: narra, come la letteratura, di un altrove che dista dal qui e ora, pur trovando spazio dentro noi e abitando il nostro pensiero. Quella pittura, come forse tutte le pitture, colma un assenza, riempie un vuoto che psicologicamente si va a creare. Ed è proprio dal desiderio di colmare tale mancanza – quello che c’era e non c’è più – che Aceto è partito per alba adriatica, in un processo in cui l’emotività non è disgiunta dalla pratica del dipingere.


alba adriatica è il frutto di un’indagine interiore dell’artista nel proprio passato, rievocando le persone che ci hanno lasciato e gli eventi che non potranno più accadere, nella serena consapevolezza della transitorietà delle situazioni e delle presenze nella nostra vita. Aceto dipinge perché la pittura è la modalità che sente più prossima per riempire l’assenza, per non dimenticare chi e cosa non c’è più, come i genitori o le persone care decedute. E, in questo frangente, le opere hanno il ruolo di un supporto fisico su cui è registrata tale processo di dolore, evocazione e memoria. La continua sovrapposizione tra pratica artistica e vita conduce in questo modo a rimescolare e fondere gli eventi della sua stessa esistenza, come testimoniato, per esempio, da un video in superotto della propria famiglia che mostra le luci di un lampadario. Il presente attuale non è mai il figlio provvisorio dell’istante, ma è la somma di tutto quello che prima è stato e non c’è più. E così il presente pittorico che Aceto restituisce risulta profondamente velato dalle ombre e dalle luci del passato, in una circostanza che ci permette di essere umani, poiché ci consente di capire chi siamo e da dove veniamo.


Le opere di Aceto registrano la compresenza di elementi asincroni: il passato, la sua distanza, la perdita, il dolore per l’assenza, il tentativo di rifar vivere quel passato depositando le proprie emozioni, il tempo della pittura a olio fatto a sua volta da un tempo esecutivo stratificato. Nei suoi lavori il tempo vive una molteplicità coincidente in cui la memoria di stinge e si disperde, mentre la vita tenta di riaffiorare al nostro sguardo, anche se transitoriamente. La pittura scarna e intensa dell’artista è, allo stesso tempo, un atto di responsabilità nei confronti della memoria e un gesto per celebrare la vita che, nonostante tutto, non smette incessantemente di pulsare. Anche disciolta nel colore a olio più delicato, o nel giallo cadmio più bruciante.