Nemanja Cvijanović
Dico sempre ciò che penso

Torino, La prima
novembre 2019

Evitare di autocensurarsi
Daniele Capra




Dico sempre ciò che penso raccoglie nuove opere di Nemanja Cvijanović che affrontano le questioni dell’autocensura e della rimozione dell’ideologia marxista dal campo della politica, portato avanti dalle classi dirigenti dei paesi occidentali, a partire dalla caduta del Muro di Berlino.


Il progetto muove dalla constatazione del progressivo smarrimento ideologico dell’epoca presente, caratterizzata da processi antropologici, sociali e politici che hanno condotto ad una complessità inimmaginabile dei fenomeni economici, frequentemente scambiata per opportunità e occasione individuale. Tale inestricabile groviglio è anche il frutto della crisi di valori delle classi dirigenti ed intellettuali di sinistra, che si sono autocensurate – e tradite – per il senso di colpa verso il proprio passato marxista e per un sostanziale disinteressamento alle questioni della giustizia sociale ed economica, rispetto a cui non vi sono stati contributi teorici di spessore. Mai come oggi, se da un lato la complessità non consente più di impiegare concetti come quello di classe in forma ottocentesca (evidentemente troppo rigida e distante dalla nostra liquidità), dall’altro le diseguaglianze hanno continuato a proliferare, approfittando del clima di sfrenato individualismo e della tendenza a rimuovere e marginalizzare, oscurandolo, il conflitto.


La ricerca di Nemanja Cvijanović è focalizzata sulla scultura, dell’installazione e sull’uso della parola. Centrale nella sua pratica sono i temi di natura storica e le analisi di carattere socio-politico. La mostra Dico sempre ciò che penso nasce da un’esigenza di chiarezza da parte dell’artista e dalla necessità di fare una scelta di campo. Grazie ad una scritta neon che riapre i marginati di una ferita che troppi vogliono ignorare, a collage e sculture chi si richiamano agli immaginari del modernismo e della politica del Novecento, a una pittura gestuale che diventa all’improvviso sociale, Cvijanović fa rivivere un furore ideologico che è forse labile presenza nella nostra memoria, ma che forse non è spento del tutto. Quella dell’artista è un’analisi che parla inevitabilmente della nostra condizione di smarrimento post-ideologico, del nostro fallimento attuale di cittadini, con la speranza inconfessabile che un cambiamento di rotta sia invece possibile.