Raffaele Santillo
Pitture in attesa
Pordenone, Agenzia Generali
ottobre 2018 ― novembre 2019
Presto, tardi o mai
Daniele Capra
La pittura è per Raffaele Santillo una ricerca che nasce da una incomprimibile urgenza espressiva, le cui spinte, negli anni, sono state capaci di mettere in discussione e rinegoziare la vita e le condizioni esistenziali dell’artista.
La sua pratica è fondata su una figurazione appena accennata, scarna nei dettagli, caratterizzata dalla presenza/reminiscenza del disegno, da un tratto nervoso e un segno pittorico sintetico, condensato e pregnante, in cui sia il soggetto che il contesto sono semplificati in tratti o zone cromaticamente omogenee. La figura umana è tratteggiata in forma anatomicamente succinta e lineare; in particolare i volti sono resi in forma semplificata e talvolta risultano completamente assenti, nascosti in una sfumatura o in una macchia. Santillo evita così le circostanze fisiognomiche che contraddistinguono ciascuna persona, scegliendo una modalità rappresentativa generica e per questo in qualche modo sospesa, metafisica. Ed è facendo ricorso a tale tendenza elusiva e spersonalizzante che l’osservatore è spinto a due azioni apparentemente in contraddizione: da un lato la ricerca dei dettagli che possano portare alla compiuta identificazione dei lineamenti, dall’altro il tentativo di identificarsi col soggetto, poiché quello dipinto è un ruolo che l’artista – o il regista? – non ha evidentemente ancora assegnato.
La spersonalizzazione e l’assenza di connotati spinge chi guarda a leggere le situazioni ricercando nel contesto ambientale gli elementi dai quali comprendere la scena o cogliere le determinazioni psicologiche dei soggetti. Inoltre tale modalità focalizza l’attenzione sui dettagli del colore e, più in generale, sulle relazioni tra figura principale e sfondo, da cui emergono elementi di contiguità formale, basati sulla vicinanza o sull’accostamento cromatico, oppure sul gesto pittorico: non sono però forniti a chi guarda ulteriori particolari significativi alla comprensione. In questo modo ogni componente che possa innescare forme narrative, o ricondurre la scena ad episodi decifrabili, viene estromesso dalla superficie creando inevitabilmente un silenzio teso e sospeso, che può da un momento all’altro sfociare liberamente in qualcosa di sorprendente, piacevole o doloroso. L’assenza di determinazione mette infatti l’osservatore in una condizione interrogativa in cui spetta a lui trovare delle strade interpretative plausibili rispetto agli stimoli presenti: l’artista realizza fisicamente l’opera, ma affida a chi guarda di prendersi carico di una ipotetica storia, su cui egli tace.
Il soggetto iconografico preferito da Santillo è la figura umana, che viene collocata indifferentemente in situazioni cittadine o in scenari naturali, e talvolta anche ripetuta, con qualche variante, in più opere. Non sono infrequenti anche oggetti inanimati e viste di contesti urbani in cui coesistono vegetazione ed elementi manifestamente antropici. L’artista lavora frequentemente per sottrazione – scegliendo di eliminare i dettagli più descrittivi – in modo da definire contesti spaziali essenziali, aperti a chiavi di lettura plurime. I particolari figurativi come tetti, tubi, cordoli e muri sono rappresentati in modo asciutto con linee spezzate che evidenziano la geometria costruttiva, in contrasto con le campiture piatte ed uniformi con cui è definito lo sfondo, rispetto cui sembrano galleggiare come enti geometrici autonomi, metafisici.
Nella pittura di Santillo il colore è impiegato in forma simbolica, e aiuta a costruire o definire un particolare stato emotivo, lo sfondo psicologico, l’intimità, la complessità, le sfumature di malinconia o il grado di gioiosità. In ciascuna opera la tavolozza impiegata dall’artista è molto ridotta, con un ristretto numero di varianti cromatiche ed una omogeneità dei toni tra soggetto e contesto, che spesso risulta impiegato come un vero e proprio contenitore di colore. In tale modo le due parti si integrano e si rafforzano, in una continua azione introspettiva e psicanalitica di rispecchiamento/riverberazione in cui il fiato è trattenuto in attesa di mondi impensati e lontanissimi, e di qualcosa che – presto, tardi o mai – dovrà accadere.