Raffaele Santillo
Quotidiano Transitorio

Palazzo Ragazzoni, Sacile
marzo 2025

Quotidiano Transitorio
Daniele Capra




Due ragazzi cercano di accarezzare un gatto appollaiato su di un alto davanzale, un libraio di mezza età appoggiato allo stipite di una finestra è perso nella lettura, in un giorno di primavera dei bambini corrono tra l’erba alta di un campo, un pescatore di poca fortuna ha molti più gatti che lo osservano dal molo che pesci nella sua cesta, tre ragazzi sorseggiano un aperitivo al bar chiacchierando prima di decidere dove andare a cenare. Situazioni comuni, che ci sono capitate in un normale fine settimana, quando siamo andati in campeggio a diciott’anni con i nostri amici di sempre o in quel giorno in cui ci siamo regalati qualche ora di ferie prendendoci cappuccino e brioche, poi seconda brioche e poi altro caffè, per un’intera mattina di puro cazzeggio a leggere tutti i giornali disponibili nella pasticceria, gli inserti culturali, di design e di moda, e pure i quotidiani sportivi anche se alla fine dello sport ci interessa poco e del calcio ancora meno.


Non sono sicuro se le conosciamo quelle persone, ma a ben pensarci forse sì. Sono quella coppia mal assortita che incontriamo quando andiamo a fare la spesa e nessuno dei due saluta per primo, i ragazzini del piano di sotto che passano l’intera domenica pomeriggio a calciare un pallone contro il muro e ai quali vorremmo bestemmiare di smetterla, il commesso della libreria che arriva sempre dopo alla cassa perché legge con così tanta concentrazione il volume che ha tra le mani da non accorgersi dell’arrivo di nuovi clienti, sei tu che quel micio altezzoso lo avresti voluto accarezzare, se solo si fosse degnato di avvicinarsi, o sono io che mi sono rifiutato di giocare a pallavolo dopo la terza razione di lasagne affogate di besciamella e ragù e ho dovuto sbottonarmi le braghe in catatonia tra le risate di tutti…


Perdonate i paragrafi precedenti dal gusto compilativo, un po’ svagato e sovrappensiero, ma non mi fermerei nella lista, se non avessi il limite della lunghezza imposta dal supporto, quello del vostro tempo e quel minimo di buon senso – visti i tempi direi proprio minimo – che un testo curatoriale impone. Non nascondo che la fantasia mi spingerebbe ancora più avanti nell’elenco, giustapponendo altri possibili racconti, ulteriori suggestioni e piccole narrazioni. Ma sono giustificato e, se avete visto la mostra della quale questo testo è figlio e foglio, forse mi avete già capito e probabilmente quasi del tutto scusato.


Tutte queste storie sono infatti generate dall’esperienza con alcune opere recenti di Raffaele Santillo, raccolte nella mostra Quotidiano Transitorio in cui l’artista sviluppa al massimo grado le capacità dei dipinti di innescare narrazioni. Non necessariamente in forma diretta per il contenuto stesso dipinto dall’artista sulla superficie della tela, ma primariamente per lo stimolo psicologico, rivolto a chi guarda, a generare autonomamente delle storie a partire dai dati forniti dall’opera. Nei suoi dipinti Santillo non racconta gli accadimenti, ma usa le sue immagini per trasformare il fruitore del quadro nel reale narratore, grazie alle possibilità di riconoscersi nei contesti e nelle persone raffigurate: i luoghi sono descritti in forma sintetica e asciutta, ma con una modalità emotivamente densa, al punto di avere la sensazione di un déjà-vu, di qualcosa di visto di cui però, momentaneamente, non si ricordano i dettagli; i soggetti umani dipinti sono poi persone verso cui l’osservatore avverte una naturale identificazione, forse perché le sue figure sono caratterizzate da una genericità antidescrittiva – sono dei tipi – e mancano del tutto sia i dettagli corporei che i tratti fisiognomici caratterizzanti. Le immagini dipinte da Santillo ci paiono spesso dei campionamenti di situazioni già vissute di cui non ricordiamo i dettagli, come capita coi sogni al risveglio, o vicende che, probabilmente, potremo vivere nel nostro futuro. Reale o psichico.


Nelle opere di Quotidiano Transitorio Santillo genera e fa generare delle piccole storie costituite che sembrano essenzialmente appartenerci. Fatti di poco peso di cui ciascuno di noi potrebbe essere stato testimone, nell’ordinario srotolarsi di una giornata, e che l’artista sulla tela riesce naturalmente a caricare di nostalgia e di un delicato struggimento. Con una pittura fortemente introspettiva, caratterizzata da una figurazione sintetica appena accennata e da colori liquidi e trasparenti, Santillo riporta al nostro sguardo tali frammenti, facendoli percepire come qualcosa di significativo che ci riguarda, non perché osservatori del dipinto, ma per esserne stati inconsapevolmente coautori, mescolando gli ingredienti delle sue immagini con la nostra vita. Per Santillo la pittura è una pratica di ri-connessione tra il tempo presente che viviamo e la vita che sta dietro alle nostre spalle, grazie alla sintesi silenziosa dell’immagine e alle sue capacità di generare storie. La sua pittura nasce interrogando il serbatoio di possibilità che il passato concede, poi ricombinate e trasformate dall’autore in un senso più ampio, riadattando contesti e ricostruendo dei micro-eventi, ai quali l’osservatore non resta che identificarsi e di essere, a sua volta, fonte di narrazione.


Le opere di Quotidiano Transitorio riferiscono infatti di tutto ciò che la vita contemporanea – il perseguimento spasmodico degli obiettivi, la velocità, l’ansia, il ricatto dell’economia, del potere o del successo – ci portano a trascurare. C’è nella sua pittura, che parla di piccole vicende quotidiane, di episodi minori, spesso irrilevanti, una naturale forma ideologica di ribellione alla modernità, al dover essere presente sempre nel tempo presente. Santillo sceglie invece di occuparsi e farci occupare di accadimenti minori che costituiscono la vita di ciascuno e che si sedimentano nella periferia labile e trascurata della nostra memoria, evocando un tempo che si oppone all’istantaneità e si dilata – poiché il presente è figlio del tempo passato, che in esso vive – rifiutando l’obbligo dell’utile e dell’efficienza. L’artista ci suggerisce invece l’importanza e la significatività di questi piccoli avvenimenti, reali o immaginari. Storie marginali con la esse inevitabilmente minuscola che saremmo naturalmente portati a ignorare o episodi di scarso rilievo che spesso capita di scordare. Non sono forse questi i fili sottili che costituiscono quell’impalpabile tessuto che ognuno di noi chiama esistenza?