Recursions and Mutations

Vincenzo Castella, Lynn Davis, Jacob Hashimoto, Roberto Pugliese

Venezia, Giudecca Art District
maggio ― luglio 2019

Recursions and Mutations

Daniele Capra



In dialogo

Le ragioni che hanno dato origine a Recursions and Mutations sono tutt’altro che accademiche e vanno ricercate non tanto nell’arte stessa come campo d’indagine, quanto invece nelle relazioni tra le persone. Benché possa sembrare ingenuo o fuori luogo sottolinearlo in un contesto come quello del contemporaneo – caratterizzato da una naturale competizione e dalla presenza talvolta invadente del mercato – le relazioni e la stima tra le persone sono invece dei valori che assumono, mai come in questo caso, particolare rilevanza. Recursions and Mutations nasce dall’intuizione di Jacob Hashimoto di realizzare un’esposizione confrontandosi direttamente con alcuni dei colleghi da egli più stimati e scegliendo di lavorare con loro a più mani. La mostra è infatti il frutto di un progetto svolto dall’artista insieme a Vincenzo Castella, Lynn Davis e Roberto Pugliese. Le opere sono state scelte o realizzate appositamente per l’occasione in stretto legame coi colleghi, basandosi su un approccio comune o sugli stimoli visivi provenienti dai lavori stessi, in una dinamica di coinvolgimento diretto. La mostra si è sviluppata cioè in forma di confronto, grazie al quale gli aspetti di negoziazione e dialogo hanno avuto la priorità sulle scelte poetiche degli artisti. In questo modo le opere sono così state messe nella condizione di parlarsi, poiché la loro relazione e la loro presenza negli spazi è l’esito di un processo partito da lontano.

Una questione di strategie

Recursions and Mutations analizza come la ripetizione, il suo riscontro e il successivo atto di deviazione/mutazione rispetto al percorso immaginato, possano essere un metodo ed un significativo dispositivo analitico per scrutare e leggere la realtà che ci circonda. E, allo stesso modo, tale modalità risulta essere anche uno straordinario strumento per la costruzione dell’opera nell’articolazione delle sue parti. In particolare la mostra prende in esame i processi di reiterazione e modificazione nella pratica di Castella, Davis, Hashimoto e Pugliese, il cui lavoro incorpora modalità e approcci ricorrenti, aspetti dovuti essenzialmente a tre fattori. Il primo è la scelta tematica del soggetto, sia dal punto di vista iconografico che concettuale, che testimonia l’interesse e la continua sollecitazione dell’artista nei confronti del medesimo campo d’indagine. Il secondo aspetto è dovuto alla dinamica realizzativa dell’opera, la cui costruzione incorpora necessariamente modalità note in cui viene applicata e reiterata una procedura consolidata e zone invece di carattere evidentemente più esplorativo, dovute alle differenze contingenti. Il terzo fattore dipende invece dalle questioni temporali, ambientali e spaziali, che possono presentare condizioni e variabili tecniche simili, o, al contrario, evidenziare la modificazione di un singolo aspetto, pur rimanendo invariate le altre condizioni (cioè ceteris paribus).

Le opere

Nelle fotografie di Castella realizzate nei giardini botanici e nei boschi della Finlandia è possibile cogliere la tendenza alla ricorsività dovuta alla scelta della medesima tipologia di soggetto in luoghi fisicamente diversi. L’artista è fortemente legato ad una metodologia attenta e ricorsiva nella registrazione attraverso lo scatto. Egli però capovolge la questione, poiché grazie ad una metodologia rigorosa, costruisce delle immagini in cui è lo spettatore ad essere nella condizione di ricercare, ed eventualmente cogliere, la mutazione. La natura gioca qui un ruolo centrale: sia essa effimera e costretta all’interno di una serra, o selvaggia e incontaminata come nei paesaggi scandinavi, è all’interno delle sue manifestazioni che si manifesta, come un’epifania, il divenire.
Gli scatti in bianco e nero di Davis nascono da un approfondito studio dei ghiacciai della Groenlandia, cominciato negli anni Ottanta e proseguito per più anni. Le sue fotografie, scattate come se l’obiettivo della fotocamera dovesse immortalare la maestosità di un tempio antico, testimoniano la scelta poetica di un medesimo soggetto ripreso però in tempi differenti, a distanza di anni. Tale modalità mette in evidenza le mutazioni dell’ambiente dovute ai cambiamenti climatici. È cambiato l’assetto dei ghiacci ed è diminuito il loro volume imponente, mentre il loro scioglimento pare irreversibile. La domanda che tale opera genera nell’osservatore è evidente: è realmente questo ciò che vogliamo?
Le opere di Hashimoto sono caratterizzate dalla ripetizione degli elementi visivi, quali le trame delle superfici e le forme degli elementi, ma anche dei materiali impiegati, come ad esempio il bambù ed il sistema di sospensione realizzato con il filo. Il suo è un lavoro pittorico processuale ed ibrido, in cui egli smembra e poi ricompone in forma tridimensionale l’immagine, grazie all’impiego di più piani visivi collocati parallelamente. Tale approccio rompe l’assunto della planarità della pittura e della prospettiva come modalità di rappresentazione della profondità dello spazio, spingendo l’osservatore a praticare una lettura dell’opera in una condizione di dinamismo del corpo.
Nel suo lavoro Pugliese usa di frequente sia elementi materiali ricorsivi (come ad esempio succede con le ampolle in vetro soffiato che costituiscono Liquide emergenze future), che di carattere immateriale, grazie ad algoritmi che producono le tracce sonore di molte sue opere. Nel caso dell’installazione veneziana un apposito software impiega ricorsivamente il livello della marea della laguna, reperito in tempo reale da internet, portando la cellula musicale ad una continua modificazione. L’innalzamento del livello del mare, causato dal riscaldamento globale, ritorna a noi ciclicamente, con un’opera che presenta il suono come fonte di monito del tutto immateriale.

Recursions and Mutations

In generale il fenomeno della ricorsività indica l’impiego di un criterio, un algoritmo – ma anche un approccio – in maniera tale che i risultati da esso ottenuti contengano e manifestino sé stessi in forma riconoscibile. Il risultato è cioè una sorta di filiazione diretta, una forma atipica di partenogenesi, nella quale gli elementi costitutivi sono visivamente reiterati, seppure in modalità che li trasforma. La mutazione risponde invece alla tendenza al cambiamento, alla variazione significativa ma non totale, capace cioè di rendere ancora percepibile la forma precedente da cui essa è originata. Tale modalità è presente nella letteratura (come ad esempio alla figura retorica dell’anafora), nella musica (si pensi alle variazioni su un tema dato, o ai campionamenti di porzioni di musiche che si realizzano a partire dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso), ma anche nelle arti visive, in cui la mutazione è impiegata sia come fenomeno di micro-cambiamento dei dettagli visivi, quanto come impianto concettuale dell’opera.
Le questioni della ricorsività e del cambiamento hanno costruito alcuni degli elementi centrali del pensiero di un filosofo rivoluzionario come Gilles Deleuze. Quando scrive Differenza e ripetizione egli mira ad abbattere il monolite dell’identità e la logica che proviene dall’idealismo di matrice kantiana, a favore di un pensiero basato sulla molteplicità. Nei suoi intenti la mutazione, che deriva dalla ricerca della differenza, è essa stessa l’elemento propulsivo del pensiero e non, come si potrebbe tradizionalmente immaginare, la ruggine che ne intacca la superficie continua. Similmente potremmo affermare che la modalità concettuale di Recursions and Mutations – in molti aspetti legata all’idea della ciclicità del tempo, nonché alle teorie dei corsi e ricorsi storici – è fondamentale per consentire che il lavoro di un artista risponda formalmente e poeticamente al divenire, al cambiamento inesausto cui siamo costretti a reagire.