Sous les pavés la plage!

Filippo Berta, Bianco-Valente, Giovanni Gaggia, Stefania Galegati Shines, Regina José Galindo, Isabella Pers

Ferrara (I), Festival Internazionale
settembre ― ottobre 2017

Sous les pavés la plage!
Daniele Capra, Serena Ribaudo




Sous les pavés, la plage! – con opere di Filippo Berta, Bianco-Valente, Giovanni Gaggia, Stefania Galegati Shines, Regina José Galindo ed Isabella Pers – raccoglie alcuni dei più significativi video realizzati nel panorama italiano degli ultimi anni nati a partire dall’impegno politico e civile degli artisti e dall’intima necessità di raccontare ed evidenziare alcuni degli aspetti più problematici, inestricabili e tormentati della nostra realtà attuale.
Sous les pavés, la plage! (“sotto il pavé c’è la spiaggia”) è stato uno dei motti più noti del Sessantotto francese, e veniva impiegato dagli studenti per evidenziare come fosse possibile un orizzonte inatteso e migliore, oltre le barriere imposte dalla condizione presente, apparentemente senza sbocchi. Ma Sous les pavés, la plage! non è stato semplicemente uno slogan che induceva all’ottimismo, quanto un invito a praticare in prima persona un pensiero libertario e sovversivo rispetto allo status quo. E tuttora, a cinquant’anni di distanza, è ancora una viva esortazione ad agire direttamente per innescare un cambiamento, per provare a realizzare, anche se a piccoli passi, un pezzo di quelle utopie che ci sembrano totalmente precluse.


L’apertura alla collettività ed un lucido occhio di escavazione della società sono imprescindibili fondamenti dell’opera di Filippo Berta. In Homo Homini Lupus l’artista declina il famoso adagio di Plauto in una ferina meditazione antropologica, in un video aspro, implacabile, disturbante. In uno scenario naturale calcinato e livido, tre lupi – identici per aspetto e per cupidigia – si contendono una bandiera, la deflagrano tra le fauci, ne fagocitano persino dei lacerti. La bandiera è il tricolore italiano, ma assurge ineluttabilmente a rappresentare un vessillo universale che diventa oggetto della bramosia convulsa di un branco (di animali o di uomini?) in cui non c’è spazio per il rispetto dell’invidio o per la minima forma di solidarietà.


Nel proprio percorso di ricerca il duo Bianco-Valente ha frequentemente investigato le connessioni tra luoghi e persone, evocando una dimensione nuova in cui viene trasfusa l’intimità di una geografia emozionale. I confini sono ferite arbitrariamente imposte dal rasoio umano nel video Illimite, impreziosito dalle musiche di Andrea Gabriele, è uno degli esempi più significativi del tentativo di sanare antiche e profonde cesure e della volontà di restituzione di una cartografia immaginaria. Il segno – principio fondante di molta dell’opera di Bianco-Valente e che spesso si traduce in vero e proprio logos – qui si trasforma in un filo rosso con cui una mano cuce e riconnette brandelli slabbrati di terre e di umanità.


Quello che doveva accadere/Inventarium è una performance che propone una meditazione artistica ed estetica sulla Strage di Ustica, un amaro approfondimento sul senso di viva memoria nel quale il dolore si affranca dalla contingenza della tragica fatalità, trasfigurando nella speranza, nella necessità di resilienza. Dopo i precedenti passaggi nelle città di Palermo e Bologna, Giovanni Gaggia giunge ad Ancona, città natale di Aldo Davanzali, fondatore e presidente dell’Itavia (la compagnia aerea tristemente nota per la Strage di Ustica). Assiso sotto l’Arco di Traiano l’artista ricama un drappo scuro in un atto lento e rituale, che è insieme segno, intarsio, sutura di antiche ferite e paziente e tormentoso mistero di responsabilità.


Humans di Stefania Galegati Shine è un montaggio di sette differenti video accomunati dalla continua presenza umana nell’inquadratura e da un ruolo importante della musica. L’opera è realizzata combinando insieme tanti spezzoni girati nei più disparati contesti, che spaziano da un concerto jazz ad un matrimonio, da una giornata sulla spiaggia ad una conferenza di Slavoj Žižek, da un close up su una donna che fuma una sigaretta a ritagli di viaggi compiuti in Africa e in Sudamerica. Alle immagini, che si susseguono a ritmo continuo, si contrappone una colonna sonora costituita da canzoni d’autore e musica folk, che frequentemente ha una funzione antiretorica, ironica, e che contribuisce a delineare una situazione costituita da continui voli pindarici. Humans mostra così, in un affresco continuamente cangiante, gli infiniti casi della comédie humaine contemporanea.


Regina José Galindo ha sovente impiegato il proprio corpo come struggente strumento performativo. In La pecora nera l’artista è in un recinto, affondata con gli arti superiori e inferiori nella terra, romita, col capo reclinato coperto da una massa di capelli corvini. A fianco di lei, in tranquillità, pascola un gregge belante di pecore, dalle quali viene pressoché ignorata, emarginata proprio come il membro reietto del branco. Galindo pone così in evidenza, oltre i confini della specie, la condizione di discriminazione e segregazione a cui, ad ogni latitudine, gli ultimi del mondo – uomini o animali – sono sottoposti, indifesi, trascurati e dimenticati dagli occhi delle maggioranze rumorose.


L’azione che ha dato origine all’opera Present di Isabella Pers si è svolta sulla Dolina dei Cinquecento a Redipuglia, nell’altopiano carsico nel goriziano dove si sono combattute alcune delle più tragiche battaglie del primo conflitto mondiale, come testimoniato dalle trincee scavate sul terreno, ancora visibili. Dopo mesi di contatti diretti, l’artista ha radunato donne ed uomini – fuggiti dalla propria nazione perché vittime di guerre, dittature, persecuzioni politiche terrorismo – invitandoli a percorrere la strada fino alla sommità della collina. In un vibrante flusso di energie, memorie ed emozioni, ne scaturisce un vociare sommesso che è insieme canto malinconico, meditazione, rimpianto. Pers ci invita così ad una attenta riflessione sulla continua e tragica crisi politica internazionale che stiamo vivendo, che è altresì frutto della nostra individuale indifferenza.